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Si continua a partorire come succedeva prima dell’emergenza covid 19. I parti sono gli interventi più frequenti negli ospedali del nostro paese. Ma il rischio è che i bisogni delle donne e dei loro bambini, possano essere messi in secondo piano perché con l’emergenza sanitaria gli ospedali si sono riorganizzati per dare priorità alle nuove norme igienico sanitarie imposte dal virus. Per questo in diversi ospedali della penisola le donne non possono più partorire assistite da un compagno o una persona di fiducia, non possono frequentare corsi pre-parto (se non online e quando disponibili), rischiano di essere sottoposte a minori visite di controllo. La loro quotidianità è stravolta e le paure ed emozioni che accompagnano la gravidanza mutano e possono farsi insormontabili.

La scuola di specializzazione in ostetricia e ginecologia dell’Università del Piemonte Orientale e l’Ospedale maggiore di Novara hanno lanciato un progetto, si chiama #mammeacasa che vuole indagare l’impatto delle misure restrittive imposte dal coronavirus sulla gravidanza e il puerperio, quel periodo successivo al parto in cui l’apparato genitale della donna torna alla normalità, in media dura 6 settimane.

Online è presente un questionario a cui ciascuna donna può rispondere per descrivere il proprio stato emotivo nonché come si svolge la propria vita quotidiana in queste settimane di quarantena forzata. La ricerca è coordinata da tre dottoresse: Daniela Surico, responsabile del progetto, Viviana Stampini ed Alice Monzani.

Nella presentazione del progetto scrivono: “La gravidanza e il puerperio sono fasi delicate della vita, che necessitano una particolare attenzione, sia dal punto di vista medico che psicologico. L’unicità della situazione attuale fa sì che le donne in questa fase si sentano talvolta abbandonate a loro stesse, senza utili strumenti per potersi confrontare e senza misure preventive studiate apposta per loro”.

Non esistono studi che diano informazioni su come le donne in gravidanza reagiranno alle restrizioni, il loro è il primo, e le conseguenze che questo periodo di isolamento forzato avrà sulla salute dei nascituri.

A un primo questionario seguirà una seconda fase in cui le stesse donne verranno ricontattate (se lo vorranno) per parlare di com’è andato l’allattamento e di come sta il bambino, gli outcome neonatali, in gergo medico.

Più donne risponderanno e più sarà possibile valutare ed introdurre misure efficaci per rispondere alla loro necessità.

Si continua a partorire come succedeva prima dell’emergenza covid 19. I parti sono gli interventi più frequenti negli ospedali del nostro paese. Ma il rischio è che i bisogni delle donne e dei loro bambini, possano essere messi in secondo piano perché con l’emergenza sanitaria gli ospedali si sono riorganizzati per dare priorità alle nuove norme igienico sanitarie imposte dal virus. Per questo in diversi ospedali della penisola le donne non possono più partorire assistite da un compagno o una persona di fiducia, non possono frequentare corsi pre-parto (se non online e quando disponibili), rischiano di essere sottoposte a minori visite di controllo. La loro quotidianità è stravolta e le paure ed emozioni che accompagnano la gravidanza mutano e possono farsi insormontabili.

La scuola di specializzazione in ostetricia e ginecologia dell’Università del Piemonte Orientale e l’Ospedale maggiore di Novara hanno lanciato un progetto, si chiama #mammeacasa che vuole indagare l’impatto delle misure restrittive imposte dal coronavirus sulla gravidanza e il puerperio, quel periodo successivo al parto in cui l’apparato genitale della donna torna alla normalità, in media dura 6 settimane.

Online è presente un questionario a cui ciascuna donna può rispondere per descrivere il proprio stato emotivo nonché come si svolge la propria vita quotidiana in queste settimane di quarantena forzata. La ricerca è coordinata da tre dottoresse: Daniela Surico, responsabile del progetto, Viviana Stampini ed Alice Monzani.

Nella presentazione del progetto scrivono: “La gravidanza e il puerperio sono fasi delicate della vita, che necessitano una particolare attenzione, sia dal punto di vista medico che psicologico. L’unicità della situazione attuale fa sì che le donne in questa fase si sentano talvolta abbandonate a loro stesse, senza utili strumenti per potersi confrontare e senza misure preventive studiate apposta per loro”.

Non esistono studi che diano informazioni su come le donne in gravidanza reagiranno alle restrizioni, il loro è il primo, e le conseguenze che questo periodo di isolamento forzato avrà sulla salute dei nascituri.

A un primo questionario seguirà una seconda fase in cui le stesse donne verranno ricontattate (se lo vorranno) per parlare di com’è andato l’allattamento e di come sta il bambino, gli outcome neonatali, in gergo medico.

Più donne risponderanno e più sarà possibile valutare ed introdurre misure efficaci per rispondere alla loro necessità.