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A caccia di qualsivoglia soluzione in grado di allungare la quantità e la qualità della nostra esistenza, anche bere tè a giorni alterni può rappresentare una possibile soluzione. L’informazione giunge da uno studio pubblicato sull’«European Journal of Preventive Cardiology» da un gruppo di ricercatori dell’accademia cinese delle scienze mediche. Leggendo i risultati del loro lavoro, emerge che «un consumo abituale di tè è associato con un rischio più basso di sviluppare una malattia cardiovascolare». I maggiori benefici, oltre che da un consumo frequente (da tre volte alla settimana in su), deriverebbero dalla scelta del tè verde, tra le bevande più consumate dai cittadini cinesi.

I benefici del tè verde

A queste conclusioni, i ricercatori sono giunti dopo aver osservato le abitudini di oltre centomila cittadini cinesi senza precedenti episodi di infarto, ictus o diagnosi oncologiche. In base alla frequenza di consumo di tè, sono stati suddivisi in due gruppi: assuntori abituali e non, considerando come soglia un consumo di tre volte alla settimana. Osservando il decorso del loro stato di salute per poco più di sette anni, gli scienziati cinesi sono giunti alla conclusione che «bere abitualmente tè è una scelta associata con una probabilità più alta di vivere un maggiore numero di anni in buona salute».

Nello specifico, il consumo regolare della bevanda ridurrebbe del 30 per cento il rischio di decesso (indipendentemente dalla causa) rispetto allo stesso rilevato tra i consumatori meno legati a questa consuetudine. Dati che confermano quanto già emerso da altre ricerche, secondo cui soprattutto il tè verde fungerebbe da «scudo» nei confronti tanto delle malattie cardiovascolari quanto di alcuni tumori. Quanto alle cause del fenomeno osservato, secondo Dongfeng Gu, epidemiologo dell’Accademia delle Scienze cinese e coordinatore della ricerca, «i meriti potrebbero essere dei polifenoli contenuti nel tè», a concentrazioni più elevate in quello verde. Dal momento però che il loro smaltimento è piuttosto veloce, «per avere l’effetto cardioprotettivo è necessario consumarne di frequente».

Il segreto sta nell’epigallocatechina gallato?

La fama del tè verde, ribadita anche dalle conclusioni di questo studio, ha determinato un aumento dei consumi anche in Italia. A fare la differenza è il maggiore contenuto di epigallocatechina gallato, una antiossidante più abbondante nel té verde che in altre tipologie della stessa bevanda. La molecola, negli ultimi anni, era balzata agli onori della cronaca anche per una sua presunta tossicità a carico del fegato. Scenario escluso dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (Efsa), secondo cui il consumo della bevanda è «generalmente sicuro» (nessun problema fino a due tazze al giorno). Diverso invece è il discorso se si ricercano i benefici attraverso gli integratori a base di epigallocatechina gallato, assunti soprattutto a scopo dimagrante. Molti di essi, infatti, apportano «dosi di catechine che possono determinare problemi alla salute del fegato».

Il problema sta però nelle concentrazioni della seconda molecola, che se assunta attraverso una capsula può arrivare a essere assunta fino a dosi superiori a 800 milligrammi al giorno. Un limite che, secondo l'Efsa, «potrebbe determinare l'inizio del danno epatico».

Twitter @fabioditodaro

A caccia di qualsivoglia soluzione in grado di allungare la quantità e la qualità della nostra esistenza, anche bere tè a giorni alterni può rappresentare una possibile soluzione. L’informazione giunge da uno studio pubblicato sull’«European Journal of Preventive Cardiology» da un gruppo di ricercatori dell’accademia cinese delle scienze mediche. Leggendo i risultati del loro lavoro, emerge che «un consumo abituale di tè è associato con un rischio più basso di sviluppare una malattia cardiovascolare». I maggiori benefici, oltre che da un consumo frequente (da tre volte alla settimana in su), deriverebbero dalla scelta del tè verde, tra le bevande più consumate dai cittadini cinesi.

I benefici del tè verde

A queste conclusioni, i ricercatori sono giunti dopo aver osservato le abitudini di oltre centomila cittadini cinesi senza precedenti episodi di infarto, ictus o diagnosi oncologiche. In base alla frequenza di consumo di tè, sono stati suddivisi in due gruppi: assuntori abituali e non, considerando come soglia un consumo di tre volte alla settimana. Osservando il decorso del loro stato di salute per poco più di sette anni, gli scienziati cinesi sono giunti alla conclusione che «bere abitualmente tè è una scelta associata con una probabilità più alta di vivere un maggiore numero di anni in buona salute».

Nello specifico, il consumo regolare della bevanda ridurrebbe del 30 per cento il rischio di decesso (indipendentemente dalla causa) rispetto allo stesso rilevato tra i consumatori meno legati a questa consuetudine. Dati che confermano quanto già emerso da altre ricerche, secondo cui soprattutto il tè verde fungerebbe da «scudo» nei confronti tanto delle malattie cardiovascolari quanto di alcuni tumori. Quanto alle cause del fenomeno osservato, secondo Dongfeng Gu, epidemiologo dell’Accademia delle Scienze cinese e coordinatore della ricerca, «i meriti potrebbero essere dei polifenoli contenuti nel tè», a concentrazioni più elevate in quello verde. Dal momento però che il loro smaltimento è piuttosto veloce, «per avere l’effetto cardioprotettivo è necessario consumarne di frequente».

Il segreto sta nell’epigallocatechina gallato?

La fama del tè verde, ribadita anche dalle conclusioni di questo studio, ha determinato un aumento dei consumi anche in Italia. A fare la differenza è il maggiore contenuto di epigallocatechina gallato, una antiossidante più abbondante nel té verde che in altre tipologie della stessa bevanda. La molecola, negli ultimi anni, era balzata agli onori della cronaca anche per una sua presunta tossicità a carico del fegato. Scenario escluso dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (Efsa), secondo cui il consumo della bevanda è «generalmente sicuro» (nessun problema fino a due tazze al giorno). Diverso invece è il discorso se si ricercano i benefici attraverso gli integratori a base di epigallocatechina gallato, assunti soprattutto a scopo dimagrante. Molti di essi, infatti, apportano «dosi di catechine che possono determinare problemi alla salute del fegato».

Il problema sta però nelle concentrazioni della seconda molecola, che se assunta attraverso una capsula può arrivare a essere assunta fino a dosi superiori a 800 milligrammi al giorno. Un limite che, secondo l'Efsa, «potrebbe determinare l'inizio del danno epatico».

Twitter @fabioditodaro