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Se non si riesce a deglutire, ogni alimento, anche il più pregiato, come pure un sorso di acqua, può diventare pericoloso ed essere causa di seri problemi per la salute. Dalla necessità di emettere un colpo di tosse per liberare la gola chiusa, al rischio che il cibo finisca aspirato dalle vie aree, fino alla malnutrizione, che colpisce il 60 per cento di chi soffre di disfagia . Di cosa si tratta? Il disturbo rende un atto apparentemente facile e automatico, come la deglutizione, difficoltoso. La ridotta capacità di masticazione può far insorgere uno stato di malnutrizione.

Le insidie della disfagia
La problematica è sottostimata. Punte del 60 per cento si raggiungono fra i pazienti assistiti a domicilio o trasferiti in una residenza sanitaria assistenziale (Rsa): soprattutto se colpiti da un ictus o da una malattia neurodegenerativa (Alzheimer o Parkinson). Ma in realtà il problema è diffuso anche se con percentuali inferiori, anche tra adulti e anziani apparentemente in buona salute. La difficoltà a deglutire il cibo azzera la voglia e la volontà di avvicinarsi alla tavola, con conseguenti rischi: calo di peso importante e conseguente malnutrizione, che porta a un indebolimento del sistema immunitario, affaticamento fisico generale.

«La deglutizione sembra un atto facile e spontaneo, ma si tratta di un processo fisiologico complesso che deve consentire la formazione del bolo e il passaggio del cibo dalla bocca, dove viene ingerito, allo stomaco, dove verrà digerito - afferma Mariangela Rondanelli, direttore dell’unità operativa complessa di riabilitazione a indirizzo metabolico dell’Istituto di Riabilitazione Santa Margherita di Pavia -. Necessita dunque della perfetta coordinazione della muscolatura e di tutte le strutture che coinvolgono orofaringe, laringe ed esofago. Il mancato equilibrio anche di una sola di queste componenti altera la buona funzionalità della deglutizione portando a possibili conseguenze anche gravi, innescate dalla disfagia».

Alimenti «speciali» per curare la disfagia

Per affrontare questo problema, la ricerca punta a trovare soluzioni alimentari equilibrate, ma pure gustose. L’obiettivo è mantenere vivo il piacere di alimentarsi in queste persone, che diversamente rischiano di considerare il momento del pasto come un fastidioso orpello: con i rischi che ne derivano per la salute. Da qui l’idea di sperimentare gli effetti di una dieta costruita «ad hoc» per i pazienti disfagici, con alimenti di origine industriale di aspetto gradevole e colore brillante, gustosi al palato e di consistenza adeguata.

Tre mesi di «dieto-terapia» con prodotti di questo tipo hanno portato a un netto miglioramento nutrizionale e di salute dei pazienti, compresa la diminuzione dello stato infiammatorio, controllato dall’apporto adeguato di tutti i principi nutritivi (soprattutto vitamine e sali minerali). «La quotidiana necessità di affrontare questi problemi con i nostri pazienti ci ha portato a valutare molte tipologie di preparazioni e prodotti per cercare di capire come ovviare, almeno in parte, al rifiuto del cibo - prosegue Rondanelli -. Con questo studio è stato possibile rilevare un aumento del consumo e del gradimento del cibo dell’11 per cento, che ha portato a un incremento del peso e a una diminuzione dello stato di infiammazione generale. Nel complesso, sono migliorate le loro condizioni di salute».

Per alimenti di questo tipo, utilizzabili dai pazienti anche a casa, è in corso l’iter di ottenimento dello status di «alimenti a fini medici speciali» da parte del Ministero della Salute. Il procedimento dovrebbe concludersi nella seconda metà dell’anno: oltre a una parziale soluzione al problema della disfagia, questo comporterebbe la detraibilità (al 19 per cento) delle spese per l’acquisto in farmacia.

Twitter @fabioditodaro

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