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Passato e futuro. Punti fermi e prospettive. Guardare indietro per spostare più in là l’orizzonte. Per il mondo della medicina, si apre un 2019 condito da incoraggianti aspettative. Durante l’anno proveremo a raccontare gli sviluppi della ricerca in ambito biomedico. Ma prima di iniziare questo «viaggio», vogliamo ripartire dalle scoperte più originali e significative registrate nei dodici mesi appena trascorsi.

Anche i papà possono trasmettere il Dna mitocondriale

Il Dna mitocondriale, trasmesso in genere solo per via materna, può essere ereditato anche dal papà. Si tratta però di casi eccezionali, perché in genere il passaggio di questa informazione genetica avviene dalla madre.

A far venire meno quello che era quasi un dogma della genetica umana è stata una ricerca guidata dall’Ospedale Infantile di Cincinnati (pubblicata su «Pnas»), che ha evidenziato la caratteristica in 17 membri appartenenti a diverse generazioni di tre famiglie non imparentate.

I mitocondri, ovvero le centrali energetiche delle cellule, sono dotati di un Dna più piccolo e separato da quello presente nel nucleo. Finora si è sempre considerato come una «eredità» materna. Rimane da capire quanto di frequente il Dna mitocondriale paterno si «infiltri» nel genoma di un figlio e come ciò accada.

La scoperta potrebbe aprire spiragli interessanti nella comprensione e nella cura delle malattie mitocondriali, un gruppo di malattie genetiche molto eterogeneo causate da un alterato funzionamento proprio di questa struttura cellulare. Oltre che modificare l’approccio alle tecniche di procreazione medicalmente assistita.

Passi avanti nel trapianto di faccia

Ad aprile scorso il francese Jerome Hamon, affetto dalla neurofibromatosi di tipo 1 (una grave malattia deturpante), ha ricevuto il secondo trapianto di faccia, dopo il rigetto registrato rispetto al primo (ricevuto nel 2010). Si tratta di un passo avanti importante nel campo della chirurgia dei trapianti, perché mai era stata sottoposta la stessa persona a un doppio trapianto di questo tipo: che prevede la sostituzione di pelle, fasce muscolari e cartilagine. Sempre nel 2018, c’è comunque da segnalare il fallimento del primo trapianto di faccia in Italia. Anche questa paziente, di 49 anni, era affetta da neurofibromatosi. Il prelievo era avvenuto da una ragazza di 21 anni, vittima nel Lazio di un incidente stradale. Poi un lunghissimo intervento per impiantare il viso. Tecnicamente, l’intervento è riuscito. Ma l’esito del primo trapianto di faccia italiano non è stato positivo: colpa di un rigetto dei tessuti, nonostante la compatibilità genetica tra donatore e ricevente. Motivo per cui si è proceduto alla ricostruzione temporanea con i tessuti della stessa paziente, nell’attesa di una ulteriore ricostruzione con un nuovo donatore.

Un secondo cervello nell’intestino

L’intestino contiene milioni di cellule e fibre neuronali che costituiscono un vero e proprio sistema nervoso autonomo (enterico). Quello che si è scoperto nell’anno appena concluso - studio pubblicato a maggio sul «Journal of Neuroscience» - è che il sistema è pure abbastanza «intelligente»: al punto da stimolare autonomamente la muscolatura liscia degli organi dell’apparato digerente.

Secondo Laura Donato, biologa e ricercatrice dell’Istituto per la tecnologia delle membrane (Itm) del Cnr, «l’intestino è anche in grado di interagire con il sistema nervoso centrale: attraverso il rilascio di ormoni, l’attività del nervo vago e del sistema immunitario». Ciò significa che il nostro benessere psicofisico dipende dall’interazione dei due «cervelli». Ecco spiegato perché, per esempio, ansia e paura possono far aumentare la motilità dell’intestino o incidere sull’equilibrio tra fame e sazietà.

Nuovi farmaci contro i tumori al seno e all’ovaio

Il tumore dell’ovaio è uno dei nemici più insidiosi per la salute delle donne. Ma nell’approccio farmacologico nei suoi confronti, ci si appresta a vivere una fase di ritrovata speranza. Merito dei risultati che si stanno ottenendo con i Parp-inibitori, una categoria di farmaci che potrebbe far registrare un nuovo corso nella terapia medica di molti tumori: a partire da quelli dell’ovaio, il più aggressivo tra quelli che possono colpire l’apparato genitale femminile, per giungere a quelli al seno. I nuovi farmaci, già impiegati da circa un anno ma vincolati all’esito di nuove sperimentazioni, agiscono annullando dalle cellule neoplastiche i meccanismi di riparazione del Dna: favorendo di conseguenza la morte cellulare.

Plastiche nella dieta: quali rischi per l’uomo?

Il problema dell’inquinamento da plastica è uno dei più urgenti, per l’ambiente. Ma nell’anno concluso è stato dimostrato che le microparticelle di plastica possono essere rilevate anche nel nostro organismo. O meglio: nelle feci, segno di un ingresso avvenuto attraverso la dieta.

Lo studio, piccolo nei numeri (otto persone coinvolte), è stato presentato nel corso del congresso europeo di gastroenterologia di Vienna. Vista la portata del problema, è però difficile immaginare che su un campione più ampio possa essere del tutto smentito. Ciò che rimane da capire è quale effetto queste particelle abbiano sulla salute umana. «Un rapporto stilato dalla Fao nel 2016 afferma che al momento non è possibile dimostrare la presenza di effetti negativi sulla salute dell’uomo - commenta Maria Cristina Fossi, ordinario di ecotossicologia dell’Università di Siena -. Questo ce lo si può in parte spiegare ricordando che, quando mangiamo il pesce, non portiamo a tavola anche il suo stomaco. Nel tempo, però, si potrebbe presentare il problema dell’eccessiva assunzione di sostanze inquinanti».

A caccia di nuovi antibiotici

La resistenza agli antibiotici è un’emergenza di sanità pubblica da diversi anni e tale rimarrà pure nel 2019. Per questo i ricercatori di tutto il mondo sono al lavoro per individuare molecole in grado di annientare i batteri oggi in grado di eludere l’azione dei farmaci in uso. Una di queste è la teixobactina, individuata nel terreno e sui topi risultata subito attiva contro lo stafilococco aureo resistente alla meticillina (un batterio che provoca infezioni particolarmente difficili da curare e che può dare origine a infezioni ricorrenti). Notizia degli ultimi mesi è che la molecola è stata creata anche in laboratorio da un gruppo di ricercatori dell’Università di Lincoln, senza intaccarne l’efficacia. Un passaggio necessario per poi arrivare alla messa a punto di un antibiotico da diffondere su larga scala.

Batteri anche nel cervello

Finora è stato considerato un organo quasi sterile. Ma in realtà anche il cervello sarebbe popolato da diverse colonie di batteri, secondo un’anticipazione fornita nel corso dell’incontro annuale della Società americana di neuroscienze da un team di ricercatori dell’Università dell’Alabama. Nella ricerca, non ancora pubblicata, si ipotizza un «viaggio» dei microrganismi dall’intestino al cervello. Dalla scoperta, fatta analizzando dei campioni di tessuto celebrale di persone decedute, è emerso che l’ippocampo e la corteccia prefrontale sarebbero le aree più densamente abitate dai batteri. È ancora presto per dire quale effetto determinino sul cervello, ma le informazioni oggi disponibili sono già sufficienti per confermare come il cervello e l’intestino sono in realtà molto meno lontani di quanto si possa pensare.

Twitter @fabioditodaro