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Gli effetti sono visibili sempre, indipendentemente dall’età del fumatore. Detto questo, però, prima si abbandonano le sigarette, meglio è. Possono essere riassunte in questo modo, le conclusioni di uno studio condotto dai ricercatori dell’Istituto Nazionale dei Tumori e del Mario Negri di Milano, pubblicato sulle colonne della rivista «Scientific Reports».

Gli autori, lavorando sulle informazioni tratte da oltre tremila fumatori, sono arrivati a concludere «smettere di fumare ha un effetto favorevole nel ridurre i valori della proteina-C reattiva», un importante marcatore di infiammazione. Più questa ultima è rilevante, maggiori sono le probabilità di ammalarsi di tumore del polmone e del colon-retto, oltre che andare incontro a eventi acuti cardio (infarto) e cerebrovascolari (ictus).

«Il vantaggio non è però evidente a breve termine, ma soltanto dopo diversi anni dalla cessazione del fumo», hanno messo nero su bianco i firmatari della pubblicazione. Da qui l’importanza di «spezzare la catena» quanto prima, in modo da poter usufruire dei benefici per un tempo più lungo.

Fumo e infiammazione

Utilizzando i dati di due studi sullo screening per il tumore del polmone condotti tra il 2000 e il 2010 su 3050 forti fumatori (tra cui 777 ex-fumatori), i ricercatori hanno notato che la prevalenza di un alto livello infiammatorio era ridotta del venti per cento negli ex-tabagisti rispetto ai fumatori attuali. Dopo quattro anni dall’ultima sigaretta, i livelli di Pcr diminuivano significativamente con l’aumentare degli anni di astinenza: con una riduzione di circa il cinquanta per cento dopo otto anni dalla cessazione rispetto a chi continuava a fumare. Un’ulteriore analisi basata su 975 fumatori attuali, con una seconda misurazione della Pcr dopo un tempo medio di quasi tre anni e mezzo, ha confermato che non vi era una riduzione significativa nei valori almeno fino a quattro anni dalla cessazione del fumo. Un risultato che ha chiarito il ruolo della cessazione del fumo sulla Pcr.

«Questo studio dimostra che smettere di fumare è utile anche dopo i cinquant’anni, ma che è possibile abbattere il rischio in chi ha un alto stato infiammatorio agendo sugli altri fattori che possono ridurlo: ovvero alcuni farmaci, una dieta più sana e una regolare attività fisica», afferma Ugo Pastorino, direttore della struttura complessa di chirurgia toracica dell’Istituto Nazionale dei Tumori.

Il ruolo del peso corporeo

Dal momento che ci vogliono diversi anni perché la Pcr si riduca, lo studio ribadisce l’importanza di smettere di fumare il più presto possibile. Il parametro dello stato infiammatorio, alla luce dei dati raccolti, sembra dipendere più dalla durata della fase della vita trascorsa fumando e non dal numero di sigarette fumate. Per spiegare perché i livelli di Pcr tendano sì a calare, ma soltanto nel lungo periodo, i ricercatori hanno formulato diverse ipotesi. Per prima cosa l’indicatore non è influenzato soltanto dal fumo, ma anche dal peso corporeo e dalla percentuale di massa grassa. Motivo per cui, per vedere calare il valore, occorre agire su diverse componenti. A ciò occorre aggiungere che molti fumatori, appena smettono, tendono ad accumulare qualche chilo, che contribuisce ad «alimentare» la Pcr.

Twitter @fabioditodaro