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I più esposti alle sirene della rete sono coloro che la utilizzano tutto il giorno per studio o lavoro. La dipendenza da internet non ha età, può colpire adolescenti come gli anziani e le armi per combatterla sono ancora spuntate. In Italia non abbiamo dati precisi ma una ricerca fatta nel 2012 su un campione di 2500 studenti cremonesi ha registrato un 5% di malati potenziali, ragazzi che avevano perso il contatto con la realtà e i cui unici rapporti sociali passavano dalle chat o servizi di messaggistica istantanea. Più spesso maschi che femmine. A livello internazionale a seconda dei paesi si oscilla dal 3 al 10% di popolazione colpita tra gli «alti utilizzatori di internet».

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SI PERDE LA COGNIZIONE DEL TEMPO E SI PERDE IL SONNO

Come Matteo, 24 anni, che ha perso il lavoro a causa della dipendenza dalle chat di incontri. Le chat gli hanno tolto ogni spazio di libertà confinandolo alla sua stanza. Passava giornate e notti legato sulla chat dove aveva tutte le sue relazioni. Con i genitori con cui viveva si è creato un forte conflitto. «In questi casi le uniche amicizie o relazioni diventano esclusivamente quelle online, il mondo reale è abolito - racconta Roberto Poli, psichiatra, responsabile del servizio psichiatrico dell’azienda socio sanitaria territoriale di Cremona e coordinatore della ricerca del 2012 - Uno dei sintomi principali della dipendenza da internet, (internet addiction in inglese), è la distorsione temporale: la persona si connette e perde la cognizione del tempo. Un altro sintomo è la perdita di ore di sonno, il restare online anche di notte. In un crescendo di gravità c’è anche una perdita del rendimento scolastico o lavorativo e uno scadimento delle capacità sociali del soggetto». Può entrare in crisi anche la famiglia perché le si dedica sempre meno tempo. Nel caso di siti pornografici il rischio è che la sessualità virtuale venga preferita a quella reale, spiega Poli.

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PORNO E SOCIAL PORTANO ALL’ABUSO

La dipendenza da internet si divide in base ai contenuti che si visitano in rete. Ci sono quattro gruppi, continua Poli: «Al primo posto c’è il porno che dà più frequentemente problemi di abuso, poi ci sono i social, Facebook e le chat WhatsApp compreso, seguono i giochi online, le scommesse, il trading e lo shopping online che vanno sotto il nome di «net compulsion» e, infine, la bulimia informativa o «information overload» ovvero la ricerca continua e incessante di informazioni sempre aggiornate».

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NOIA E ISOLAMENTO ALLA BASE DELLA DIPENDENZA

Un passatempo che può non finire mai e che colpisce soprattutto gli utilizzatori abituali di internet, «i giovani, chi vive in luoghi più isolati e più facilmente si può annoiare, chi fa lavori notturni ed è costretto a star sveglio per molte ore, gli adulti e gli anziani che si avvicinano per la prima volta al mondo seduttivo di internet» precisa Poli.

L’ESPERTO DEL POLICLINICO GEMELLI DI ROMA

Ad occuparsi dei più giovani, degli adolescenti, è l’ambulatorio diretto dal professor Federico Tonioni, psichiatra, responsabile dell’Area delle dipendenze da sostanze e delle dipendenze comportamentali del Policlinico Gemelli di Roma. Dal 2009 qui si ricevono ragazzi, spesso portati dai genitori, che non riescono a staccarsi dalla tastiera. Sono in maggioranza ragazzi, 8 su 10, dai 10 ai 22 anni, di famiglie medio borghesi.

CHI DIPENDE DA INTERNET NON TI GUARDA NEGLI OCCHI

«La dipendenza in adolescenza non esiste, gli adolescenti sono in continua trasformazione, vogliono fare esperienza. È una condizione che può diventare patologica dopo. In generale si tratta di ragazzini molto intelligenti, riescono ad essere anche simpatici, sostengono una conversazione con i grandi tranquillamente, hanno aspetti cognitivi sviluppati. Hanno però grossa difficoltà a guardarti negli occhi, come se fossero senza pelle. Questo ci ha molto colpito» spiega Tonioni.

IL DIGITALE: BARRIERA CONTRO STIMOLI EMOTIVI

«L’altra sorpresa è stata scoprire che due ragazzini che chattano su Skype, pur vedendosi non diventano rossi: tutte le emozioni che si provano con gli altri su internet non possono essere manifestate direttamente, perché non c’è un contatto fisico, c’è un difetto nella comunicazione non verbale online, che è l’essenza della comunicazione stessa. Da qui abbiamo capito che ogni screen digitale è una barriera contro gli stimoli emotivi insopportabili e gli adolescenti ne hanno tanti. Abbiamo proceduto a ritroso e abbiamo scoperto che c’è un deficit di rispecchiamento emotivo che questi adolescenti hanno fin da bambini: quando due persone si guardano negli occhi e pensano la stessa cosa. Questo bisogno è il motivo per cui i bambini ci chiedono in ogni momento di essere guardati».

ASSENZA DEI GENITORI

Per Tonioni i problemi dei ragazzi sono spesso quelli dei genitori: «Ci sono nuove forme di assenza genitoriale, sempre più spesso i dipendenti da internet sono gli adulti. I bambini non cercano il tablet, la maggior parte degli adulti ha la tentazione di fornire le applicazioni digitali seguendo una logica sostitutiva, li si lascia soli con la tecnologia, ci dimentichiamo che dobbiamo passare tempo con i figli. Noi ci prendiamo cura di ritiro sociale, di abbandono scolastico, le relazioni online diventano le uniche relazioni possibili. Sempre più spesso agendo solo sulla coppia di genitori si curano i figli che incominciano ad uscire di casa. Agire sull’ambiente è fondamentale».

IL POTER DI UNO SCHERMO: SOGNO AD OCCHI APERTI

Ai bambini piccoli non bisogna dare in mano gli schermi: «Osserviamo un deficit di rispecchiamento emotivo: un bambino lasciato solo comincia a rispondere alla tv, è trattenuto da qualsiasi schermo altamente interattivo e portatile, e si dissocia. Le basi del ritiro sociale che avrà in adolescenza sono queste, disinvestimento dal corpo: come fare un sogno ad occhi aperti, fantasticare, non ci si accorge del tempo che passa».

LA DIPENDENZA PATOLOGICA È UN ANTIDEPRESSIVO

Tra gli adulti chi ha una dipendenza patologica ricerca il piacere come spiega Tonioni: «Il problema non è quello che si fa ma quello che si pensa: un giocatore d’azzardo gioca mezz’ora al giorno ma pensa al gioco 24 ore, anche quando dorme. Lo scopo non è il piacere ma non pensare a quello che c’è sotto: depressione, vissuti persecutori, non sentirsi amati. La dipendenza patologica è un antidepressivo, è eccitante, c’è incapacità di attendere, la compulsività. Nel cervello questi stati sono mediati dall’aumento della dopamina».

STESSI SINTOMI DELLA TOSSICODIPENDENZA

È come con le droghe conferma Poli: «Non siamo lontanissimi da dipendenze da sostanze che sono caratterizzate da due elementi, la tolleranza e l’astinenza: dover aumentare la dose di internet per raggiungere lo stesso livello di soddisfazione e poi c’è l’astinenza, una condizione psichica di disagio quando viene meno la sostanza. Per internet i sintomi sono meno fisici delle sostanze ma più psichici, il confine tra uso eccessivo, abuso e dipendenza è più labile ».

I CENTRI AI QUALI RIVOLGERSI

Se caderci è facile, uscirne non lo è, perché a parte eccezioni non ci sono centri pubblici che si fanno carico della problematica. I Sert che ci occupano delle dipendenze da sostanze dovrebbero occuparsi anche di questi casi ma non avviene. «Non riusciamo a intercettarli - ammette Poli - a meno dei casi psichiatrici, di fatto gli altri non si rivolgono ai servizi territoriali, perché la dipendenza da internet non è vissuta come una malattia».

Eppure sappiamo almeno da quindici anni che la rete è associata allo sviluppo di patologie. La psicologa americana Kimberly Young è la prima ad aver definito la dipendenza da internet e negli Usa cominciano a nascere le prime cliniche specializzate.

INTERNET CAFE’ E DIPENDENZA FRA LE MURA DOMESTICHE

In Cina, Corea e Taiwan esistono veri e propri centri di riabilitazione. In Asia il fenomeno è più visibile perché avviene negli internet café dove i giovani si chiudono per intere giornate, in Occidente invece si sviluppa tra le mura domestiche. «Siamo tutti troppo connessi» ha cercato di spiegare Young in una Ted Talks e suggerisce di controllare quante volte si guarda il cellulare senza un motivo preciso o le app, come Facebook o Twitter.

Se si è attorno alle 15 volte al giorno bisogna preoccuparsi e incominciare una «dieta digitale» che consiste nel diminuire il numero di ore passate online e di controlli di cellulare e app. Infine bisogna capire cosa si fa online: se si fanno cose pratiche e utili va bene se si gioca va meno bene. «Bisogna consumare la tecnologia non essere consumati da essa» dice Young che all’inizio delle sue ricerche divorziò dal marito che era arrivato a trascorrere online fino a 50 ore a settimana.

@laurapreite

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