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L’alfa sinucleina è una proteina la cui forma oligomerica si accumula in aggregati neurotossici che giocano un ruolo fondamentale nella morte dei neuroni dopaminergici. Questi neuroni, localizzati una regione del cervello denominata Substantia Nigra, producono la dopamina, neurotrasmettitore cruciale per il movimento. Questo accade nel Parkinson, i cui sintomi più tipici, quelli motori come bradicinesia, rigidità e tremore a riposo, sono dovuti alla degenerazione della substanzia nigra e compaiono purtroppo a malattia già avanzata, quando circa il 60% dei neuroni dopaminergici sono stati compromessi. La diagnosi precoce è cruciale per rallentare la progressione della malattia e se precocissima può consentire di inviare il paziente a un percorso di prevenzione e neuroprotezione. L’individuazione di tali aggregati proteici, i cosiddetti Corpi di Levy, è indice di diagnosi certa. Riuscire a misurarne i livelli nell’organismo prima della comparsa dei sintomi significherebbe avere uno strumento di diagnosi precoce non clinica.

In questa direzione va uno studio tutto italiano che ha analizzato biopsie cutanee di persone sane, di persone con diagnosi di Parkinson e di un gruppo molto raro costituito da 19 coppie di gemelli omozigoti, dei quali uno solo malato. Il team, guidato da Graziella Cappelletti del dipartimento di Bioscienze dell’Università di Milano, ha trovato forme precoci di aggregazione, gli oligomeri di alfa-sinucleina, nelle terminazioni nervose periferiche nella pelle di pazienti affetti dalla malattia di Parkinson. Depositi proteici non sono stati trovati nella pelle dei sani. Il lavoro, pubblicato su Brain, è stato condotto in collaborazione con il Centro Parkinson dell’Ospedale Gaetano Pini-CTO e grazie al finanziamento di Fondazione Grigioni per il Morbo di Parkinson di Milano.

«L’impatto di questo studio - commenta Graziella Cappelletti – è duplice. Innanzitutto, la scoperta di oligomeri di alfa-sinucleina nel sistema nervoso periferico contribuisce alla comprensione dei meccanismi patogenetici nella malattia di Parkinson supportando la teoria emergente che la patologia abbia inizio in periferia e si propaghi poi al sistema nervoso centrale. In aggiunta, questo studio indica che la presenza degli aggregati di alfa-sinucleina sia un biomarker della patologia e possa essere utilizzato per seguire nel tempo i pazienti, per esempio, nel corso di futuri trial clinici».

Anche alla luce del fatto che, come altri studi già hanno mostrato, è possibile misurare la presenza di questo potenziale biomarcatore nei fluidi corporei, come la saliva. E che oltre a depositarsi in modo patologico nei tessuti e nel liquor cerebrospinale, questa proteina ha una diversa modalità di aggregazione (il cosiddetto misfolding) diversa tra Parkinson e altre malattie degenerative Parkinsoniane. Nel frattempo, si cercano nuove terapie a base di anticorpi monoclonali diretti selettivamente proprio verso queste proteine anomale, al fine di rallentare o bloccare il processo degenerativo.

L’alfa sinucleina è una proteina la cui forma oligomerica si accumula in aggregati neurotossici che giocano un ruolo fondamentale nella morte dei neuroni dopaminergici. Questi neuroni, localizzati una regione del cervello denominata Substantia Nigra, producono la dopamina, neurotrasmettitore cruciale per il movimento. Questo accade nel Parkinson, i cui sintomi più tipici, quelli motori come bradicinesia, rigidità e tremore a riposo, sono dovuti alla degenerazione della substanzia nigra e compaiono purtroppo a malattia già avanzata, quando circa il 60% dei neuroni dopaminergici sono stati compromessi. La diagnosi precoce è cruciale per rallentare la progressione della malattia e se precocissima può consentire di inviare il paziente a un percorso di prevenzione e neuroprotezione. L’individuazione di tali aggregati proteici, i cosiddetti Corpi di Levy, è indice di diagnosi certa. Riuscire a misurarne i livelli nell’organismo prima della comparsa dei sintomi significherebbe avere uno strumento di diagnosi precoce non clinica.

In questa direzione va uno studio tutto italiano che ha analizzato biopsie cutanee di persone sane, di persone con diagnosi di Parkinson e di un gruppo molto raro costituito da 19 coppie di gemelli omozigoti, dei quali uno solo malato. Il team, guidato da Graziella Cappelletti del dipartimento di Bioscienze dell’Università di Milano, ha trovato forme precoci di aggregazione, gli oligomeri di alfa-sinucleina, nelle terminazioni nervose periferiche nella pelle di pazienti affetti dalla malattia di Parkinson. Depositi proteici non sono stati trovati nella pelle dei sani. Il lavoro, pubblicato su Brain, è stato condotto in collaborazione con il Centro Parkinson dell’Ospedale Gaetano Pini-CTO e grazie al finanziamento di Fondazione Grigioni per il Morbo di Parkinson di Milano.

«L’impatto di questo studio - commenta Graziella Cappelletti – è duplice. Innanzitutto, la scoperta di oligomeri di alfa-sinucleina nel sistema nervoso periferico contribuisce alla comprensione dei meccanismi patogenetici nella malattia di Parkinson supportando la teoria emergente che la patologia abbia inizio in periferia e si propaghi poi al sistema nervoso centrale. In aggiunta, questo studio indica che la presenza degli aggregati di alfa-sinucleina sia un biomarker della patologia e possa essere utilizzato per seguire nel tempo i pazienti, per esempio, nel corso di futuri trial clinici».

Anche alla luce del fatto che, come altri studi già hanno mostrato, è possibile misurare la presenza di questo potenziale biomarcatore nei fluidi corporei, come la saliva. E che oltre a depositarsi in modo patologico nei tessuti e nel liquor cerebrospinale, questa proteina ha una diversa modalità di aggregazione (il cosiddetto misfolding) diversa tra Parkinson e altre malattie degenerative Parkinsoniane. Nel frattempo, si cercano nuove terapie a base di anticorpi monoclonali diretti selettivamente proprio verso queste proteine anomale, al fine di rallentare o bloccare il processo degenerativo.