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Non implorano per ottenere deroghe alle normative decise dal Governo per frenare la diffusione dei contagi da coronavirus in Italia. Il loro è soltanto un grido di dolore, una analisi puntuale, oggettiva e sensibile di quanto alcune realtà di sofferenza umana siano, in questo momento di emergenza sanitaria, chiamate ad affrontare prove ancora più complicate e dolorose. Sono i responsabili della Lega del Filo d’Oro, la ONLUS che da oltre mezzo secolo si occupa di bambini e adulti sordociechi e pluriminorati psicosensoriali, a raccontare le enormi difficoltà che i loro utenti, ma anche i familiari ed i caregiver che li seguono, si trovano a dover fronteggiare in questo periodo a causa delle limitazioni necessarie al contenimento dell’epidemia.

La Lega del Filo d’Oro, nel 2019, ha seguito circa 950 persone nei diversi servizi. Il 7% di queste ha più di 65 anni, mentre il 3% è costituito da bambini fra 0 e 4 anni, spesso con un quadro clinico molto complesso. Si stima che nel nostro Paese ci siano quasi 190mila persone con disabilità legate alla vista e all’udito (studio Istat per la Lega del Filo d’Oro, 2016) e più della metà, ha bisogno di assistenza continua.

Le persone sordocieche comunicano e “osservano” il mondo principalmente con il tatto e adesso, con le restrizioni imposte dai decreti contro la diffusione del coronavirus, rischiano di vivere totalmente isolate ed escluse dalla realtà. Individui costretti a scegliere se chiedere comunque aiuto, esponendo inevitabilmente al rischio contagio se stessi e coloro che potrebbero intervenire, oppure rinunciare e restare abbandonati nel buio e nel silenzio.

Le persone prive di vista e udito, le pluriminorate psicosensoriali, così come i soggetti con patologie cronico-degenerative e pluridisabilità, rappresentano una delle categorie sicuramente esposte al pericolo di contrarre il virus e sono anche più vulnerabili dal punto di vista sociale. Data la minorazione sensoriale i sordociechi utilizzano prevalentemente il tatto per comunicare e conoscere l’ambiente circostante e in un momento in cui la raccomandazione è quella di mantenere la distanza di sicurezza, questo rappresenta per loro un ulteriore, gigantesco ostacolo che potrebbe portarli all’isolamento totale.

«Non chiediamo deroghe alla normativa, siamo consapevoli che il virus non ne ammette. Tuttavia, il contatto rappresenta per noi una questione di vitale importanza e vorremmo che questa vicinanza necessaria alla comunicazione delle cose essenziali e allo svolgimento delle attività della vita quotidiana, avvenisse in sicurezza per noi e per le persone che ci aiutano», spiega Francesco Mercurio, Presidente del Comitato delle Persone Sordocieche della Lega del Filo d’Oro. «Non abbandonateci, per noi il tatto è tutto ciò che abbiamo» è il suo accorato appello. Sostenuto anche dagli altri responsabili della associazione, a cominciare dal presidente Rossano Bartoli che sottolinea: «Se questo è per tutti noi un momento molto duro, sono le persone che già vivevano una condizione estremamente difficile quelle che non devono essere dimenticate e confido che le Istituzioni, al di là della stretta emergenza, possano dare una risposta anche a loro».

La Lega del Filo d’Oro continua ad operare in queste settimane e forte è la gratitudine di amministratori e utenti nei confronti di medici, infermieri, operatori, educatori, terapisti e psicologi di tutti coloro che prestano servizio ogni giorno e con assoluta abnegazione nei 5 Centri dell’associazione a Lesmo, Modena, Osimo, Molfetta e Termini Imerese. Mascherine chirurgiche sono state fornite a tutti i dipendenti operativi in quelle strutture e nuovi quantitativi sono stati richiesti alla Protezione Civile nazionale e regionale e alle Prefetture delle regioni che accolgono i centri. Dal 10 marzo, i servizi residenziali sono funzionanti, seppure con attività ridotta, mentre i trattamenti a termine, dei servizi diurni e territoriali sono stati sospesi. Le visite sono limitate al minimo indispensabile e soltanto per i congiunti. Rimangono attivi i servizi di supporto telefonico per continuare a garantire sostegno alle famiglie.

Ed è proprio quello dei familiari l’altro fronte del disagio per queste realtà. Da quando si sono visti chiudere tutti i servizi di sostegno, sono stati lasciati soli a gestire situazioni estremamente complicate. Se molto della gestione quotidiana di quanto ruota intorno alla disabilità è affidata, oltre che alle famiglie, anche alle reti di servizi, familiari, amici e volontari, con le disposizioni attuali per contenere la diffusione del contagio da coronavirus, la maggioranza delle famiglie ne è rimasta sprovvista.

«Garantire una rete, anche minima, di supporto domiciliare per far fronte ai bisogni primari – è l’appello di Rosa Francioli Presidente del Comitato delle Famiglie delle Persone sordocieche. – Lo Stato fino ad oggi ha contato molto sul volontariato per sopperire alla carenza di servizi. All'improvviso questa risorsa è venuta meno, se non quella strettamente legata agli ospedali. Ci sono persone che, con le dovute precauzioni, potrebbero e vorrebbero aiutare chi si trova in una situazione di necessità. Ma tra i motivi che consentono lo spostamento dal proprio domicilio, rientrano solo quelli di lavoro e di necessità casalinghe. Per noi è un grosso limite, speriamo si possa superare al più presto».

Non implorano per ottenere deroghe alle normative decise dal Governo per frenare la diffusione dei contagi da coronavirus in Italia. Il loro è soltanto un grido di dolore, una analisi puntuale, oggettiva e sensibile di quanto alcune realtà di sofferenza umana siano, in questo momento di emergenza sanitaria, chiamate ad affrontare prove ancora più complicate e dolorose. Sono i responsabili della Lega del Filo d’Oro, la ONLUS che da oltre mezzo secolo si occupa di bambini e adulti sordociechi e pluriminorati psicosensoriali, a raccontare le enormi difficoltà che i loro utenti, ma anche i familiari ed i caregiver che li seguono, si trovano a dover fronteggiare in questo periodo a causa delle limitazioni necessarie al contenimento dell’epidemia.

La Lega del Filo d’Oro, nel 2019, ha seguito circa 950 persone nei diversi servizi. Il 7% di queste ha più di 65 anni, mentre il 3% è costituito da bambini fra 0 e 4 anni, spesso con un quadro clinico molto complesso. Si stima che nel nostro Paese ci siano quasi 190mila persone con disabilità legate alla vista e all’udito (studio Istat per la Lega del Filo d’Oro, 2016) e più della metà, ha bisogno di assistenza continua.

Le persone sordocieche comunicano e “osservano” il mondo principalmente con il tatto e adesso, con le restrizioni imposte dai decreti contro la diffusione del coronavirus, rischiano di vivere totalmente isolate ed escluse dalla realtà. Individui costretti a scegliere se chiedere comunque aiuto, esponendo inevitabilmente al rischio contagio se stessi e coloro che potrebbero intervenire, oppure rinunciare e restare abbandonati nel buio e nel silenzio.

Le persone prive di vista e udito, le pluriminorate psicosensoriali, così come i soggetti con patologie cronico-degenerative e pluridisabilità, rappresentano una delle categorie sicuramente esposte al pericolo di contrarre il virus e sono anche più vulnerabili dal punto di vista sociale. Data la minorazione sensoriale i sordociechi utilizzano prevalentemente il tatto per comunicare e conoscere l’ambiente circostante e in un momento in cui la raccomandazione è quella di mantenere la distanza di sicurezza, questo rappresenta per loro un ulteriore, gigantesco ostacolo che potrebbe portarli all’isolamento totale.

«Non chiediamo deroghe alla normativa, siamo consapevoli che il virus non ne ammette. Tuttavia, il contatto rappresenta per noi una questione di vitale importanza e vorremmo che questa vicinanza necessaria alla comunicazione delle cose essenziali e allo svolgimento delle attività della vita quotidiana, avvenisse in sicurezza per noi e per le persone che ci aiutano», spiega Francesco Mercurio, Presidente del Comitato delle Persone Sordocieche della Lega del Filo d’Oro. «Non abbandonateci, per noi il tatto è tutto ciò che abbiamo» è il suo accorato appello. Sostenuto anche dagli altri responsabili della associazione, a cominciare dal presidente Rossano Bartoli che sottolinea: «Se questo è per tutti noi un momento molto duro, sono le persone che già vivevano una condizione estremamente difficile quelle che non devono essere dimenticate e confido che le Istituzioni, al di là della stretta emergenza, possano dare una risposta anche a loro».

La Lega del Filo d’Oro continua ad operare in queste settimane e forte è la gratitudine di amministratori e utenti nei confronti di medici, infermieri, operatori, educatori, terapisti e psicologi di tutti coloro che prestano servizio ogni giorno e con assoluta abnegazione nei 5 Centri dell’associazione a Lesmo, Modena, Osimo, Molfetta e Termini Imerese. Mascherine chirurgiche sono state fornite a tutti i dipendenti operativi in quelle strutture e nuovi quantitativi sono stati richiesti alla Protezione Civile nazionale e regionale e alle Prefetture delle regioni che accolgono i centri. Dal 10 marzo, i servizi residenziali sono funzionanti, seppure con attività ridotta, mentre i trattamenti a termine, dei servizi diurni e territoriali sono stati sospesi. Le visite sono limitate al minimo indispensabile e soltanto per i congiunti. Rimangono attivi i servizi di supporto telefonico per continuare a garantire sostegno alle famiglie.

Ed è proprio quello dei familiari l’altro fronte del disagio per queste realtà. Da quando si sono visti chiudere tutti i servizi di sostegno, sono stati lasciati soli a gestire situazioni estremamente complicate. Se molto della gestione quotidiana di quanto ruota intorno alla disabilità è affidata, oltre che alle famiglie, anche alle reti di servizi, familiari, amici e volontari, con le disposizioni attuali per contenere la diffusione del contagio da coronavirus, la maggioranza delle famiglie ne è rimasta sprovvista.

«Garantire una rete, anche minima, di supporto domiciliare per far fronte ai bisogni primari – è l’appello di Rosa Francioli Presidente del Comitato delle Famiglie delle Persone sordocieche. – Lo Stato fino ad oggi ha contato molto sul volontariato per sopperire alla carenza di servizi. All'improvviso questa risorsa è venuta meno, se non quella strettamente legata agli ospedali. Ci sono persone che, con le dovute precauzioni, potrebbero e vorrebbero aiutare chi si trova in una situazione di necessità. Ma tra i motivi che consentono lo spostamento dal proprio domicilio, rientrano solo quelli di lavoro e di necessità casalinghe. Per noi è un grosso limite, speriamo si possa superare al più presto».