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Ogni anno l’influenza e le sindromi parainfluenzali costano alle famiglie italiane 8,6 miliardi di euro e allo Stato 2,1 miliardi, per un totale di ben 10,7 miliardi. Questo significa che ogni famiglia spenderà di tasca propria 250 euro. Per antitosse, mucolitici, antinfiammatori e aerosol si spendono circa 27 euro l’anno, mentre per il vaccino antinfluenzale appena 2,40 euro. Ma ai farmaci va aggiunto l’assenteismo lavorativo di chi è costretto a letto per più giorni o deve accudire qualcuno.

Il primo studio ad aver valutato le spese delle famiglie è stato presentato in occasione del XIX Congresso Nazionale di Pneumologia, in corso al Lido di Venezia. «Una spesa magari non percepita ma il cui impatto è notevole. Inoltre, si pensa le infezioni respiratorie siano banali. Non è affatto così» ammonisce Stefano Nardini, presidente della Società Italiana di Pneumologia. Nella scorsa stagione influenzale, sono stati 8 milioni e 677mila gli italiani colpiti. Anche i casi di decessi, 160, sono triplicati rispetto all’anno 2016-2017. Secondo il Ministero della Salute l’influenza e la polmonite sono classificate tra le prime 10 principali cause di morte in Italia.

ECCO PERCHÉ VACCINARSI

«I nostri dati mostrano innanzitutto che queste patologie riguardano circa il 60% della popolazione e sono molto frequenti: il 52% fa un episodio all’anno, ma il 44% ne fa da 2 a 3 all’anno, e circa il 4% più di 3: per una media di 1.8 episodi/anno» spiega Roberto Dal Negro, responsabile dello studio condotto su 1200 italiani e apparso su Respiratory Medicine e del Centro nazionale studi di farmacoeconomia e farmacoepidemiologia respiratoria (CESFAR) di Verona.

I dati dello studio mostrano inoltre che un quarto dei soggetti intervistati afferma che spenderebbe di tasca propria oltre 20 euro per prevenire un episodio di influenza o una sindrome simil-influenzale, anche se, nel caso dell’influenza, la pratica della vaccinazione, pur a basso costo per la famiglia e per il SSN, risulta ancora sottoutilizzata. Di fatto, nonostante il 70% degli intervistati consideri essenziale la vaccinazione, solo il 14% si vaccina ogni anno e circa il 60% non lo ha mai fatto».

ATTENZIONE AGLI ANZIANI

Capitolo a parte, quello degli antibiotici. «Rimangono una terapia prescritta in modo inappropriato» spiega lo pneumologo Stefano Nardini,che aggiunge: «Tuttavia, è comprensibile l’atteggiamento di prudenza e cautela dei medici che decidono di prescriverli alla popolazione anziana. Se ho pochi elementi per perfezionare la diagnosi, infatti, in questi casi è preferibile non correre rischi nell’attesa ed essere tempestivi. La polmonite è una malattia molto seria, anche se troppo spesso sottovalutata». Inoltre, continua lo pneumologo, bisogna ricordare che «il virus apre la porta al batterio, quindi una volta guariti dall’influenza, si è comunque più esposti ad infezioni batteriche».

LA PRATICA SUI TERRITORI

Oltre alla lotta al fumo e alle gravi conseguente di una mancata cessazione in chi sviluppa una malattia respiratoria, tra i temi più caldi del congresso ci sono le pneumopatie interstiziali per le quali un tempo c’era davvero poco da fare e per le quali ora iniziano a comparire dei farmaci efficaci, e l’endoscopia interventistica, le cui soluzioni diagnostiche e terapeutiche mini invasive hanno sostituito pesanti interventi chirurgici. Infine, l’area intensivistica dove la pneumologia italiana non ha nulla da invidiare agli altri paesi. Su una cosa sta cercando però di recuperare il passo, sulla conoscenza della situazione del paese in relazione ai dati epidemiologi, utili ai clinici e al programmatore politico, e sulla verifica di come vengono applicate da parte dei medici sparsi sul territorio le linee guida della Società italiana di pneumologia. «Senza l’implementazione sono carta straccia» ammette il Presidente Stefano Nardini. «Credo che lavorare “sul territorio” sia una delle priorità della nostra Società».