Accedi
Registrati


Mettere al mondo un figlio può richiedere alcune particolari accortezze, ma è possibile anche se una donna soffre di una malattia reumatica: artrite reumatoide, lupus eritematoso sistemico, artrosi, artrite psoriasica, spondilite anchilosante, fibromialgie.

Eppure molti di loro convivono ancora con diversi timori: dalla paura di non essere in grado di prendersi cura del proprio bambino a causa della malattia al timore che la terapia farmacologica possa per lui risultare dannosa, fino alla preoccupazione per una possibile trasmissione della condizione patologica. Le donne che hanno una malattia reumatica sono condizionate in maniera negativa rispetto al loro desiderio di maternità, tanto che più di una su due ha paura di diventare mamma per queste ragioni.

Donne ancora «discriminate» in reumatologia

Il dato emerge da un’indagine condotta dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute della Donna e di Genere (Onda) in 24 centri reumatologici di riferimento su tutto il territorio nazionale italiano, che ha coinvolto 398 donne adulte (18-55 anni) con malattie reumatiche.

«Nell’immaginario comune le malattie reumatiche sono associate alla vecchiaia, ma sappiamo che prediligono le donne e si manifestano per lo più in età giovane, condizionando il sogno di essere mamme - sostiene Francesca Merzagora, Presidente di Onda -. Diversi studi dimostrano che gli ormoni femminili giocano un ruolo importante nelle cause e nello sviluppo delle malattie reumatiche. Soprattutto in reumatologia, quindi, attenuare un approccio di genere è fondamentale: può portare a migliorare la diagnosi e la terapia e permettere quindi alle donne di programmare una vita familiare in sicurezza».

Una gravidanza da programmare

La gravidanza e le malattie reumatiche - come artrite reumatoide, artrite psoriasica, spondiloartite assiale, lupus eritematoso sistemico e sclerosi sistemica - si influenzano a vicenda. A volte con effetti positivi altre volte con effetti negativi. La gestazione infatti può influire sul decorso della malattia che, a sua volta, se non ben controllata, può causare diverse complicanze.

«Lo specialista ha un ruolo fondamentale in questo delicato momento della donna - afferma Angela Tincani, ordinario di reumatologia all’Università di Brescia e coordinatrice del gruppo sulla medicina di genere della Società Italiana di Reumatologia -. Per quanto non priva di rischi, con un’attenta gestione medica e ostetrica la gravidanza può avere un esito favorevole. È necessario però programmarla in un periodo di remissione stabile della malattia. Va sfatato il preconcetto secondo cui in gravidanza non sia possibile praticare il trattamento appropriato: esistono farmaci che possono essere utilizzati in donne colpite da malattie infiammatorie croniche prima e durante la gravidanza e continuati anche durante l’allattamento al seno. Il trattamento deve essere gestito e condiviso da reumatologo e ginecologo».

Serve maggiore vicinanza da parte degli specialisti

Per molti anni le donne affette da malattie reumatiche non sono state informate in merito alla possibilità di affrontare una gravidanza in serenità e spesso è stata loro sconsigliata. La mancanza di confronto con il clinico e di «counselling» su queste tematiche sono emersi anche da un altro risultato dell’indagine che evidenzia che ben un terzo delle partecipanti con malattie reumatiche, in fase di diagnosi e cura, ha dichiarato che non era mai stato chiesto loro se desiderassero avere un figlio.

Da qui l’appello da parte delle associazioni dei pazienti reumatologici (Anmar e Apmar), che chiedono una maggiore e puntuale comunicazione da parte del medico alla donna con malattia reumatica e un adeguato supporto psicologico prima della decisione di diventare mamma, durante la gravidanza e dopo il parto, per chiarire dubbi e mitigare i timori ed essere informate in merito alla compatibilità con la terapia in atto. Occorre inoltre - è quanto chiedono i pazienti - una maggiore tutela della donna che decide di intraprendere una gravidanza, dal momento che non sono previste tutele aggiuntive rispetto a quelle riconosciute a tutte le donne affette da una malattia reumatica.

Twitter @fabioditodaro