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Per la cura del bambino allergico, non esistono soltanto i farmaci. Soprattutto dopo che i primi trattamenti hanno fallito, l’allergologo può prescrivere un «vaccino» per l’allergia. Tecnicamente, si parla di immunoterapia specifica. Si prova, cioè, a rendere meno sensibile l’organismo all’allergene che scatena la reazione somministrandolo nel tempo in quantità crescenti, fino ad arrivare a dosi di mantenimento.

L’obiettivo è innalzare la soglia di tolleranza, ridurre il rischio di reazioni gravi in caso di contatto involontario e migliorare la qualità di vita dei pazienti. Ma la reazione potrebbe non essere sempre quella attesa.

Arachidi: rischi più alti con la desensibilizzazione

Nel caso dell’allergia agli arachidi , infatti, la desensibilizzazione può accrescere il rischio di altre reazioni gravi. Questo è quanto si evince da una ricerca pubblicata sulla rivista «The Lancet»: la prima di fatto a porre in discussione la sicurezza della cosiddetta immunoterapia orale per le allergie alimentari. I ricercatori hanno confrontato i risultati di 12 indagini cliniche sull’immunoterapia orale per l’arachide - per un totale di oltre mille pazienti coinvolti - per scoprire che i bambini sottoposti alla desensibilizzazione avevano avuto il triplo degli episodi di anafilassi (la forma più grave di reazione allergica a un alimento) rispetto al gruppo che evitava l’allergene senza trattamenti o a cui era stato somministrato un placebo.

Dal confronto dei dati riguardanti i pazienti tra i 5 e i 12 anni arruolati nelle ricerche, è emerso che i bambini sottoposti a desensibilizzazione avevano avuto 222 episodi di anafilassi contro i 71 di quelli non trattati. L’iniezione di adrenalina si era resa necessaria 82 volte tra i pazienti trattati contro le 32 dei non trattati. I casi di altre reazioni allergiche (vomito, orticaria, coliche addominali, problemi respiratori) per i bambini trattati sono risultati 119: contro i 62 dei non trattati.

Ipotesi realistica anche per altri allergeni alimentari

«L’immunoterapia orale comporta più rischi che benefici nei bambini con allergia alimentare - sottolinea Alessandro Fiocchi, responsabile dell’unità di allergologia dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma: unico centro europeo coinvolto nello studio -. La metanalisi ha riguardato nello specifico l’arachide, ma la conclusione è verosimilmente applicabile a tutti gli altri allergeni alimentari». La maggiore incidenza di reazioni gravi, come l’anafilassi, dipende da diversi fattori. «Gli allergeni alimentari innescano risposte infiammatorie più violente rispetto a quelli respiratori. Ci sono poi molte variabili, come per esempio un raffreddore, uno stato d’ansia, una intensa attività fisica, che influenzano il modo in cui il corpo interagisce con la terapia. In questi casi i livelli di protezione raggiunti con la desensibilizzazione possono abbassarsi e la somministrazione di dosi di allergene prima ben tollerate può scatenare una reazione avversa», aggiunge l’esperto.

Immunoterapia «rimandata»

Alcune allergie alimentari, come quelle al latte e all’uovo, nel 90-95 per cento dei casi si risolvono spontaneamente entro i dieci anni. La frutta a guscio (noci, nocciole), le arachidi e il pesce sono, invece, allergeni più aggressivi. Salvo poche eccezioni, chi è allergico a questi alimenti rimarrà tale per tutta la vita. Come reagire dunque alle conclusioni dello studio pubblicato su «The Lancet»?

«Se le attuali forme di immunoterapia orale non mantengono la promessa di migliorare la qualità della vita dei pazienti, la ricerca si sta muovendo attivamente in diverse direzioni - conclude Fiocchi -. Tra queste, forme di immunoterapia orale con allergeni modificati in modo da perdere la loro pericolosità acuta, approcci eseguiti mediante l’applicazione di cerotti sulla pelle e uso di farmaci biologici che possano modificare la risposta immunitaria».

Twitter @fabioditodaro

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