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Guardare un film e avere l’impressione di sentirsi meglio, perché ci si è divertiti o perché ci si è riconosciuti in qualche personaggio o in qualche vicenda. La visione di un film può essere, a volte, terapeutica e può aiutare chi vi si immerge a scaricare le tensioni o a fare ordine nei propri sentimenti. Il dottor Claudio Cassardo, psicoanalista, in attività al Servizio di Psicologia dell’Ospedale San Paolo di Milano, racconta come il cinema può aiutare a fare ordine dentro di noi anche in una situazione di isolamento come quella resa necessaria durante l’emergenza sanitaria per il Covid-19.

«Rimanere in casa in un momento così drammatico come è stato il lockdown ha messo tutti noi più vicino ad alcuni stati d’animo che normalmente rimandiamo avendo sempre un’altra cosa da fare. Ci si è trovati alle prese con particolari gradi di ansia, di malinconia, di paura, di clausura, di insicurezza, di fatiche familiari, coniugali, affettive. Può essere interessante e costruttivo soffermarsi su questi stati d’animo invece che sbarazzarsene al più presto».

Le pellicole aiutano a comprendere uno stato d’animo?

«Un bel film può avere allo stesso tempo una funzione creativa e consolatoria, soprattutto quando i sentimenti umani sono afflitti e feriti, ma anche più visibili, proprio come diventa più visibile un paesaggio se si viaggia in bicicletta guardandosi intorno, o se si viaggia in auto. Un film ha il potere di evocare ricordi, ma anche di mettere in scena sentimenti, e contribuire perciò a vederli non solo dal punto dl vista della sofferenza, ma anche dal punto di vista del significato».

Un film può facilitare la ricerca del senso della vita?

«Il cinema può aiutare in sé, non solo per mezzo di pellicole divertenti e distrattive, ma per mezzo della sua possibilità di raccontare con metafore e simboli, situazioni stupefacenti e terribili. Ecco dunque che il film non è solo un modo per occupare il tempo o distrarsi: un film denso e in parte angosciante, oppure leggero ma che induce alla riflessione, oppure di ampio respiro può aiutare a rispondere anche alle grandi domande di senso».

Come può un film spingere a trovare le risposte che si celano dietro ai sentimenti più contrastanti?

«Vedere film densi e talvolta angoscianti al di là delle apparenze può fornire una più precisa misura dei propri problemi e della propria situazione psichica, fisica e sociale. Vedere film ad ampio respiro può fornire attrezzi per rivedere in maniera più aerea, più alta, meno meschina, claustrale e personalista il senso del nostro essere al mondo. Vedere film leggeri ma che inducono alla riflessione può fornire spunti per rivedere le proprie sofferenze da una luce che le riabiliti, le renda meno private e più condivisibili, parlabili, ammissibili».

A chi vive una situazione familiare difficile, da claustrofobia, quale film consiglierebbe?

«Un film denso che mette in campo l’atmosfera familiare e i guai legati a questa atmosfera quando vi siano difficoltà è “Carnage” di Polansky. La pellicola racconta cosa accade in una famiglia, come sia difficile custodirsi disciplinati nelle discussioni, come sia difficile non esondare e andare fuori tema nel momento in cui per varie ragioni si crea una pressione. Un altro film formidabile sul dover rimanere per forza insieme è “L’Angelo sterminatore” di Luis Bunuel, su come possano reagire le persone in una condizione in cui per qualche motivo non chiaro scompare una via di uscita e compare una dimensione minacciosa di eternità».

Il lockdown ha acceso i riflettori sulla difficoltà della convivenza forzata. Quale film consiglierebbe per riflettere a fondo su questa problematica?

«Il tema della convivenza forzata è ben rappresentato dal film leggero ma pensato di Gabriele Muccino “A casa tutti bene”. Il film si concentra su come in alcune situazioni della vita ci si possa detestare, ma al contempo trovare le forme per riparare e costruire il sentimento della cooperazione, un evento emotivo molto difficile. Lo stato di forzata clausura e le conseguenze che può generare è poi ancora messo in scena con intensità da un film particolare più vicino al mondo dei giovani, “Noi siamo tutto”, di Stella Meghie, con una trama che rievoca il mito tragico e struggente di Narciso. Vivere in un ambiente ristretto, può indurre a diventare sospettosi e ad avere paura e timore anche di chi ci siamo sempre fidati: in questo senso può essere interessante la visione di un film proverbiale e cult “La cosa” di John Carpenter, dove alcuni ricercatori amici improvvisamente hanno il compito di scoprire chi di loro è pericoloso pur essendo tutti apparentemente gli stessi».

Un film può far scoprire il proprio ruolo nella vita e nel mondo?

«Chi sono ...dove voglio andare e con chi: sono domande che assillano tutti a un punto più o meno diverso dell’esistenza, domande che si fanno più pressanti e risultano spinose quanto più il futuro è incerto e al contempo aperto. Un film ad ampio respiro a questo riguardo, capace di suscitare emozione e intima ricerca e infine un senso di pace è “Dersu Uzala - Il piccolo uomo delle grandi pianure”, di Akira Kurosawa. Qui in particolare si può riflettere sulla nostra possibilità di essere viandanti all’interno delle nostre vite e su cosa vuol dire andare piano, su quanto il fermarsi possa aiutare i nostri organi di senso a funzionare con più acutezza».

Guardare un film e avere l’impressione di sentirsi meglio, perché ci si è divertiti o perché ci si è riconosciuti in qualche personaggio o in qualche vicenda. La visione di un film può essere, a volte, terapeutica e può aiutare chi vi si immerge a scaricare le tensioni o a fare ordine nei propri sentimenti. Il dottor Claudio Cassardo, psicoanalista, in attività al Servizio di Psicologia dell’Ospedale San Paolo di Milano, racconta come il cinema può aiutare a fare ordine dentro di noi anche in una situazione di isolamento come quella resa necessaria durante l’emergenza sanitaria per il Covid-19.

«Rimanere in casa in un momento così drammatico come è stato il lockdown ha messo tutti noi più vicino ad alcuni stati d’animo che normalmente rimandiamo avendo sempre un’altra cosa da fare. Ci si è trovati alle prese con particolari gradi di ansia, di malinconia, di paura, di clausura, di insicurezza, di fatiche familiari, coniugali, affettive. Può essere interessante e costruttivo soffermarsi su questi stati d’animo invece che sbarazzarsene al più presto».

Le pellicole aiutano a comprendere uno stato d’animo?

«Un bel film può avere allo stesso tempo una funzione creativa e consolatoria, soprattutto quando i sentimenti umani sono afflitti e feriti, ma anche più visibili, proprio come diventa più visibile un paesaggio se si viaggia in bicicletta guardandosi intorno, o se si viaggia in auto. Un film ha il potere di evocare ricordi, ma anche di mettere in scena sentimenti, e contribuire perciò a vederli non solo dal punto dl vista della sofferenza, ma anche dal punto di vista del significato».

Un film può facilitare la ricerca del senso della vita?

«Il cinema può aiutare in sé, non solo per mezzo di pellicole divertenti e distrattive, ma per mezzo della sua possibilità di raccontare con metafore e simboli, situazioni stupefacenti e terribili. Ecco dunque che il film non è solo un modo per occupare il tempo o distrarsi: un film denso e in parte angosciante, oppure leggero ma che induce alla riflessione, oppure di ampio respiro può aiutare a rispondere anche alle grandi domande di senso».

Come può un film spingere a trovare le risposte che si celano dietro ai sentimenti più contrastanti?

«Vedere film densi e talvolta angoscianti al di là delle apparenze può fornire una più precisa misura dei propri problemi e della propria situazione psichica, fisica e sociale. Vedere film ad ampio respiro può fornire attrezzi per rivedere in maniera più aerea, più alta, meno meschina, claustrale e personalista il senso del nostro essere al mondo. Vedere film leggeri ma che inducono alla riflessione può fornire spunti per rivedere le proprie sofferenze da una luce che le riabiliti, le renda meno private e più condivisibili, parlabili, ammissibili».

A chi vive una situazione familiare difficile, da claustrofobia, quale film consiglierebbe?

«Un film denso che mette in campo l’atmosfera familiare e i guai legati a questa atmosfera quando vi siano difficoltà è “Carnage” di Polansky. La pellicola racconta cosa accade in una famiglia, come sia difficile custodirsi disciplinati nelle discussioni, come sia difficile non esondare e andare fuori tema nel momento in cui per varie ragioni si crea una pressione. Un altro film formidabile sul dover rimanere per forza insieme è “L’Angelo sterminatore” di Luis Bunuel, su come possano reagire le persone in una condizione in cui per qualche motivo non chiaro scompare una via di uscita e compare una dimensione minacciosa di eternità».

Il lockdown ha acceso i riflettori sulla difficoltà della convivenza forzata. Quale film consiglierebbe per riflettere a fondo su questa problematica?

«Il tema della convivenza forzata è ben rappresentato dal film leggero ma pensato di Gabriele Muccino “A casa tutti bene”. Il film si concentra su come in alcune situazioni della vita ci si possa detestare, ma al contempo trovare le forme per riparare e costruire il sentimento della cooperazione, un evento emotivo molto difficile. Lo stato di forzata clausura e le conseguenze che può generare è poi ancora messo in scena con intensità da un film particolare più vicino al mondo dei giovani, “Noi siamo tutto”, di Stella Meghie, con una trama che rievoca il mito tragico e struggente di Narciso. Vivere in un ambiente ristretto, può indurre a diventare sospettosi e ad avere paura e timore anche di chi ci siamo sempre fidati: in questo senso può essere interessante la visione di un film proverbiale e cult “La cosa” di John Carpenter, dove alcuni ricercatori amici improvvisamente hanno il compito di scoprire chi di loro è pericoloso pur essendo tutti apparentemente gli stessi».

Un film può far scoprire il proprio ruolo nella vita e nel mondo?

«Chi sono ...dove voglio andare e con chi: sono domande che assillano tutti a un punto più o meno diverso dell’esistenza, domande che si fanno più pressanti e risultano spinose quanto più il futuro è incerto e al contempo aperto. Un film ad ampio respiro a questo riguardo, capace di suscitare emozione e intima ricerca e infine un senso di pace è “Dersu Uzala - Il piccolo uomo delle grandi pianure”, di Akira Kurosawa. Qui in particolare si può riflettere sulla nostra possibilità di essere viandanti all’interno delle nostre vite e su cosa vuol dire andare piano, su quanto il fermarsi possa aiutare i nostri organi di senso a funzionare con più acutezza».