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Sulle sigarette, ormai, siamo tutti d’accordo. Sono nocive per la salute, motivo per cui smettere è il consiglio più opportuno da dare nell’ottica di preservare il proprio fisico. Questo è quanto si è capito negli ultimi 35 anni, durante i quali si è osservato un calo sensibile del numero dei fumatori. Ma dal 2010 in avanti, la flessione si è arrestata e sul mercato hanno iniziato a fare capolino prodotti diversi: dalle sigarette elettroniche fino all’iQos . Segno che in Europa c’è una consapevolezza crescente degli effetti nocivi del fumo, ma che le aziende nel frattempo continuano a cercare alternative per «sedurre» nuovi potenziali fumatori.

Fumatori in calo fino al 2010

Secondo uno studio condotto dall’Università di Verona e pubblicato sulla rivista «Plos One» , quasi la metà dei fumatori europei (16-60 anni) ha smesso di fumare tra il 1980 e il 2010. Tra gli under 40, il tasso di cessazione è raddoppiato. Della ricerca è emerso che nelle donne, tra il 1980 e il 2010, si è osservato un picco di cessazione dal fumo attorno ai trent’anni, probabilmente dovuto alla decisione di smettere di conseguenza alla prima gravidanza .

Un aspetto che indica che proteggere il bambino durante la gravidanza è la motivazione più forte nella decisione di smettere di fumare per le donne. Secondo gli scienziati, che hanno analizzato i dati relativi a oltre cinquantamila fumatori di 17 Paesi europei, le differenze sono notevoli non solo tra le cittadine, ma anche tra i cittadini delle diverse regioni di Europa.

Ciò che emerge, è un ritardo dell’Europa del Sud rispetto al Nord Europa: in Scandinavia e nel Regno unito ogni anno 50 fumatori su 1000 smettono di fumare, a fronte dei 30 (su mille) registrati in Italia, Spagna e Portogallo.

I passi da compiere

«Serve quindi mettere in atto politiche più efficaci per ridurre ulteriormente il numero di fumatori in Italia e nel Sud Europa - commenta Alessandro Marcon, epidemiologo dell’Università di Verona, tra gli autori della ricerca -. Occorre inoltre aumentare gli sforzi per diminuire l’accesso al fumo nei più giovani, visto che, da quanto emerge dalle nostre ricerche, iniziare a fumare durante la prima adolescenza porta a sviluppare una dipendenza dal tabacco più forte. Questo risultato è ancora più preoccupante alla luce di altre evidenze scientifiche emerse di recente che registrano un aumento dei fumatori tra gli 11 e i 15 anni. Iniziare a fumare prima dei quindici anni di età si associa a un possibile danno epigenetico alla linea germinale che può essere trasmesso ai figli, aumentando il rischio di asma nelle future generazioni».

Lo scenario in Italia

Il calo osservato fino al 2010 non è proseguito successivamente. Lo scenario riguarda anche l’Italia, dove fumano 12,2 milioni di persone (quasi un italiano su 4). Gli ex fumatori sono invece il 12,9 per cento della popolazione. «La situazione generale sulla prevalenza dei fumatori si è cristallizzata - osserva Roberta Pacifici, direttore dell’Osservatorio fumo, alcol e droga e del centro nazionale dipendenze e doping dell’Istituto Superiore di Sanità -. Nel nostro Paese si registrano gli stessi dati del 2007, segno evidente che non si vede alcuna inversione di tendenza. Anzi: si registra un lieve incremento nella popolazione maschile. Occorre accendere i riflettori sui giovani che rappresentano il serbatoio di riserva del tabagismo, sono quelli cioè che continuano ad alimentare la popolazione dei fumatori che non accenna a diminuire».

L’identikit del giovane fumatore abituale è quello del ragazzo, che frequenta istituti professionali e licei artistici, i cui genitori hanno un livello di istruzione medio-basso e non controllano le spese dei figli. I giovani fumatori abituali, inoltre, adottano spesso altri stili di vita poco salutari: sono sedentari e bevono più energy drink. Sono loro, infine, il target principale delle multinazionali del tabacco, che oggi puntano a conquistare quote di mercato attraverso i device innovativi. Segno che la battaglia contro il fumo è tutt’altro che conclusa.

Twitter @fabioditodaro

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