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La questione è controversa, per cui ogni conclusione va presa con le pinze. Ma di evidenze simili ce ne sono diverse in letteratura.

Chi si opera nei primi giorni della settimana ha minori chance di morire a seguito di un intervento chirurgico? Verrebbe da dire di sì, leggendo le conclusioni di uno studio pubblicato sulle colonne del «British Journal of Surgery», con cui tre chirurghi svedesi hanno indagato gli esiti delle procedure operatorie a cui sono stati sottoposti oltre 228mila pazienti tra il 1997 e il 2014 per rimuovere un tumore da un organo del tratto digerente: esofago, stomaco, intestino, pancreas, fegato e vie biliari.

Prendendo in esame il giorno della settimana in cui era stato effettuato l’intervento e i tassi di sopravvivenza, gli autori della ricerca hanno osservato che gli «outcome» migliori rimandavano alle procedure svolte nei primi tre giorni della settimana: dal lunedì al mercoledì.

C’entra la fatica dei chirurghi?

Il rischio più alto di mortalità specifica - definita come la quota di eventi avversi correlata all’intervento subìto: dallo studio sono infatti stati esclusi i casi di mortalità entro 90 giorni dall’intervento o anche più in là nel tempo, ma dovuti ad altre cause - ha riguardato gli interventi di rimozione dei tumori dell’esofago. A seguire quelli di fegato, pancreas, vie biliari e colon-retto.

Il venerdì è il giorno meno indicato

Nessuna sorpresa, in questo caso: i dati hanno rispecchiato il gradiente di difficoltà delle procedure chirurgiche. Le percentuali sono risultate crescenti, dal lunedì al venerdì: giorno meno indicato per sottoporsi a un intervento di questo tipo, a leggere le conclusioni dello studio scientifico.

Lo stesso trend non è stato invece osservato per altri interventi di chirurgia oncologica, più superficiali. Nello specifico: per la rimozione di neoplasie al seno, alla testa e al collo, alla tiroide, al polmone, al rene e alla vescica. La ricerca fornisce soltanto una fotografia dello scenario svedese e non ha la pretesa di voler trovare una causa rispetto a quanto osservato. Ma i ricercatori un’ipotesi rispetto a quanto visto l’hanno formulata, nelle conclusioni del lavoro: l’aumento del rischio potrebbe essere una conseguenza dello stress e della fatica a cui i chirurghi sono sottoposti durante la settimana.

Conta pure la struttura in cui si lavora

«Questa è l’ipotesi più plausibile: la chirurgia dell’apparato digerente è la più delicata e il venerdì il carico di lavoro può farsi sentire», afferma Paolo Del Rio, direttore della struttura complessa di chirurgia oncologica addominale dell’Istituto Nazionale dei Tumori Pascale di Napoli ed ex presidente della Società Italiana di Chirurgia Oncologica. Occorre però fare una distinzione tra i chirurghi generali che si occupano anche di oncologia - prassi ancora molto diffusa, almeno in Italia - e gli specialisti che lavorano in strutture specializzate nella chirurgia oncologica.

Per gestire le urgenze, infatti, i primi, rischiano di essere chiamati in sala operatoria di notte, pur avendo già da tempo a calendario un intervento per l’indomani mattina, oppure nel weekend, andando così a intaccare le ore che dovrebbero essere destinate al riposo. Evenienza che invece non riguarda chi lavora in strutture specializzate nella terapia dei tumori: dove l’attività viene schedulata dal lunedì al venerdì e di urgenze provenienti dall’esterno non ce ne sono. Ecco perché, aggiunge lo specialista, «sarebbe interessante comparare i dati di strutture differenti, per vedere se il trend evolve allo stesso modo o risulta più marcato dove i chirurghi devono gestire anche le emergenze della settimana».

Nel weekend meno personale (ed esperienza)

Il tema, come detto, è stato affrontato in diverse ricerche condotte negli ultimi anni. Già nel 2013 uno studio inglese pubblicato sul «British Medical Journal», aveva fatto emergere un rischio più alto legato agli interventi più delicati - non soltanto oncologici - effettuati nel weekend.

Detto della stanchezza degli specialisti, un’altra spiegazione plausibile è da ricercare nell’esiguità degli organici al lavoro negli ospedali durante i fine settimana. «I dati osservati potrebbero essere dettati anche dalla gestione di eventuali complicanze nelle 24-48 ore successive agli interventi - conferma Del Rio -. Se ricadono nel weekend, è più probabile che la disponibilità di personale risulti ridotta. O che, comunque, manchino gli specialisti più esperti per far fronte a un’emergenza».

A ciò occorre aggiungere che dal venerdì alla domenica, tendenzialmente, i chirurghi si trovano a gestire situazioni a carattere d’urgenza, in cui l’imprevisto è comunque più frequente. Negli anni, comunque, è emersa pure qualche evidenza contraria. Perlomeno in Scozia un «effetto-weekend» non esisterebbe, a leggere le conclusioni di una ricerca pubblicata pochi mesi fa sul «British Journal of Surgery». Secondo gli autori dell’ultimo studio, «è comunque ancora prematuro riordinare i calendari operatori sulla base dei nostri risultati». Nella prassi, però, «in molte strutture oncologiche quella di destinare gli ultimi giorni della settimana agli interventi meno difficili sia già un prassi», conferma Del Rio.

Twitter @fabioditodaro

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