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Un grande rischio per la salute del cuore proviene dai carboidrati, come pane e pasta, al cui consumo eccessivo andrebbero posti dei limiti. Fin qui, i protagonisti di tutte le linee guida di prevenzione cardiovascolare sono stati i grassi, specialmente quelli saturi. Ma un’alimentazione ad alto contenuto di carboidrati e a basso contenuto di grassi è associata ad un maggior rischio di mortalità. Lo sostiene uno studio presentato al Congresso europeo di cardiologia ESC e condotto su oltre 135 mila soggetti di età compresa tra i 35 e i 70 anni e provenienti da 18 paesi a basso, meglio e alto reddito reclutati nello studio PURE (Prospective Urban Rural Epidemiology).

I risultati dello studio, pubblicati sulla rivista Lancet, non supportano «le attuali raccomandazioni di limitare l’assunzione giornaliera di grassi a meno del 30% di energia totale e quella di grassi saturi a meno del 10%», ha dichiarato Mahshid Dehghan, ricercatrice del Population Health Research Institute della McMaster University ad Hamilton in Canada, che spiega: «è improbabile che limitare il consumo complessivo di grassi porti ad un miglioramento della salute», come invece accadrebbe riducendo il consumo dei carboidrati. Infatti, spiega, alzare il «consumo totale di grassi a circa il 35% dell’energia assunta quotidianamente e ridurre contemporaneamente l’assunzione di carboidrati può ridurre il rischio di mortalità totale».

Tramite dei questionari, i ricercatori hanno raccolto i dati relativi al consumo di carboidrati, di grassi totali e tipi di grasso, oltre ai dati relativi alle malattie cardiovascolari dei soggetti. Dall’analisi è emerso che il consumo di grasso è associato ad un minor rischio cardiovascolare e di mortalità. Nello specifico, i forti consumatori di grassi avevano una riduzione del 23% del rischio di mortalità, una riduzione del 18% del rischio di ictus e del 30% del rischio di mortalità per cause non cardiovascolari.

A seconda del tipo di grasso, cambia la riduzione del rischio di mortalità: meno 14% per i grassi saturi, meno 19% per i grassi monoinsaturi, meno 29% per quelli polinsaturi. Inoltre, una maggiore assunzione di grassi saturi è stata anzi associata a una riduzione del 21% del rischio di ictus.

Le linee guida suggeriscono che il 20-35% delle calorie giornaliere provenga dai grassi, e che gli acidi grassi saturi non superino il 10%. «Per decenni, le linee guida dietetiche si sono concentrate sulla riduzione dell’assunzione totale dei grassi e degli acidi grassi saturi, con la convinzione che sostituirli con carboidrati e grassi insaturi permettesse di abbassare il colesterolo cattivo e quindi di ridurre gli eventi cardiovascolari» ha commentato la Dehghan.

Secondo gli autori, fin qui ci si è concentrati sui grassi senza considerare che nei paesi a basso reddito e nelle fasce più povere dei paesi ricchi il fabbisogno energetico giornaliero viene soddisfatto soprattutto attraverso il consumo di carboidrati; per questa ragione, bisognerebbe puntare piuttosto a riequilibrare il rapporto tra questi nutrienti, anche rivedendo le raccomandazioni dietetiche globali.

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