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I dati lasciano poco spazio alle interpretazioni: solo il 50% dei pazienti aderisce alle cure prescritte per l’osteoporosi e la fragilità ossea. Sono questi i numeri poco confortanti emersi durante il recente convegno «Osteoporosi Severa. Nuove Acquisizioni per l’Appropriatezza Diagnostico Terapeutica» svoltosi a Palermo. Un comportamento anomalo che espone ancor di più ad un maggior rischio di ulteriori fratture ossee.

L’osteoporosi è una patologia cronica degenerativa che causa un progressivo e costante indebolimento delle ossa e che, nella sua forma più grave, chiamata fragilità ossea, può portare fino alla frattura, anche in assenza di traumi che la giustifichino. Spesso, la patologia rimane silente fino a questo evento traumatico che necessita di un intervento chirurgico. Successivamente, per evitare che si verifichi un’ulteriore frattura, è però fondamentale avviare un Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA) corretto. Questa è la fase più critica, perché è necessario che la paziente aderisca allo schema terapeutico prescritto dal proprio medico per rafforzare le ossa, nei dosaggi e per il tempo stabilito, pena il suo mancato effetto e quindi, un aumentato rischio di una nuova frattura.

Si calcola che in Italia ne soffrano 3 milioni e mezzo di donne e 1 milione di uomini, con 250 mila fratture all’anno dovute alla patologia, di cui 80 mila dell’anca e 70 mila del femore.

«L’aderenza alla terapia – spiega il Professor Umberto Tarantino, Direttore U.O.C. di ortopedia e Traumatologia, Policlinico Tor Vergata di Roma, e Presidente del Gruppo Italiano di Studio in Ortopedia dell’Osteoporosi Severa (GISOOS) – è un fattore determinante per garantire che il farmaco prescritto abbia effetto. E’ dimostrato, infatti, che la sospensione prima del tempo, piuttosto che la mancata assunzione del farmaco, mina la sua efficacia. Purtroppo, ad un anno dalla prima frattura, solo il 50% dei pazienti aderisce alle cure prescritte per l’osteoporosi e la fragilità ossea. Una delle soluzioni che si sono rivelate più efficaci per garantire che ciò non avvenga è la corretta ed esaustiva informazione alle pazienti. Per questo motivo, anche in Italia, ci stiamo impegnando molto per promuovere, oltre alle Fragility Fracture Unit, che include tutti gli specialisti dedicati alla gestione della patologia osteoporotica, anche il Fracture Liaison Service, che tenga sotto controllo l’aderenza alla terapia da parte del paziente».

Le motivazioni che portano ad una mancata aderenza alla terapie sono molteplici. «Nella pratica clinica abbiamo identificato quattro ragioni che determinano la non aderenza alla terapia - afferma il prof. Giancarlo Isaia, Direttore della Struttura Complessa “Geriatria e Malattie metaboliche dell’osso” dell’A.O.U. Città della Salute e della Scienza di Torino e Past President della Società Italiana dell’Osteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro (SIOMMMS) –. La prima è una mancata percezione, da parte della paziente, del beneficio della terapia nel breve periodo. La seconda è che la paziente è spesso anziana e assume più farmaci, che sono sentiti come maggiormente necessari o con benefici più immediati. La terza è l’influenza di familiari o amici, che tendono a minimizzarne l’importanza. La quarta è una mancata cultura da parte della classe medica, che vede queste terapie come poco utili, mentre sono fondamentali. Come si può intendere dalla molteplicità di questi fattori e delle figure coinvolte, è importante educare ognuno di loro, a partire da specialisti e Medici di Medicina Generale, per ottenere una buona aderenza alla terapia e, quindi, diminuire il numero di fratture».

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