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Si celebra oggi la giornata dedicata all’ipertensione polmonare, condizione i cui sintomi piuttosto generici condannano chi ne soffre a diagnosi tardive e sbagliate e quindi alla progressione della malattia. Chi sente questa «fame d’aria» trova difficile compiere anche i più semplici movimenti quotidiani, come passeggiare o sollevare un bambino. Per questo, per la mancanza d’aria e di energie, c’è chi si ritrova a poco a poco confinato tra le quattro mura.

Cos’è l’ipertensione polmonare

E’ una condizione clinica che fa restare «senza fiato», colpisce cuore e polmoni, caratterizzata da un aumento della pressione sanguigna nelle arterie polmonari che può portare a insufficienza cardiaca e decesso. In Italia a soffrirne sono circa 3mila persone. I sintomi più comuni, che possono variare da individuo a individuo, sono: dispnea, faticabilità, capogiri e crisi sincopali. Anche se inizialmente l’ipertensione polmonare è spesso asintomatica e quando i sintomi compaiono, la malattia è spesso scambiata con altre malattie ed è solitamente già progredita.

«A corto di fiato»: storie dei pazienti

«Parlare di ipertensione polmonare significa far conoscere la malattia, aiutare chi ne soffre a riconoscersi nei sintomi e iniziare le cure il prima possibile. Non vogliamo più essere “orfani di diagnosi”».

L’appello del presidente dell’AIPI, Leonardo Radicchi e quello dell’AMIP, Vittorio Vivenzio - le due Associazioni dei pazienti presenti in Italia - è univoco: una sola voce per dare voce a tutti i malati, cui è dedicato anche «A corto di fiato» - un progetto patrocinato dalle associazioni AIPI e AMIP e reso possibile grazie al contributo non condizionante di MSD Italia. Il cortometraggio (ospitato qui) del giornalista Marco Strambi vuole dare voce a chi, fino ad oggi, è rimasto inascoltato e diffondere il positivo messaggio che, se tempestivamente diagnosticata e trattata in modo appropriato, oggi si può offrire una buona qualità di vita.

Una condizione complessa

«Se parliamo di Ipertensione Polmonare, in generale, non possiamo definirla “una malattia” quanto piuttosto una condizione emodinamica, fortemente invalidante che può portare ad una grave forma di insufficienza cardiaca ed al decesso – spiega Carmine Dario Vizza, responsabile del centro dell’ipertensione polmonare primitiva e forme associate del Policlinico Umberto I della Sapienza di Roma – Non solo esistono 5 forme di ipertensione polmonare, ma se prendiamo l’ipertensione arteriosa polmonare, anche di questa ne abbiamo diverse forme legate a differenti cause. Uno scenario, dunque, piuttosto complesso».

L’importanza di una diagnosi precoce

«Il ritardo diagnostico è un enorme problema per i pazienti con ipertensione polmonare. Si calcola che tra l’insorgenza dei sintomi e la diagnosi definitiva passino in media più di 2 anni. Periodo che potrebbe essere utilizzato per somministrare terapie adeguate e cambiare la storia clinica dei pazienti» spiega Michele D’Alto, responsabile del centro sull’ipertensione polmonare della cardiologia sun, AO Monaldi di Napoli.

«L’ ipertensione arteriosa polmonare (un altro dei cinque gruppi di Ipertensione Polmonare), non può essere trattata chirurgicamente ma solo farmacologicamente ed è importante una diagnosi tempestiva». L’esordio è aspecifico e la dispnea e l’affanno sono sintomi molto comuni. Oggi con diagnosi precoce e terapie adeguate la sopravvivenza a 3 anni è passata dal 50% degli anni ottanta al 75-80% di oggi.

L’Ipertensione cronica tromboembolica

Tra i diversi tipi di ipertensione polmonare, solo l’Ipertensione cronica tromboembolica è determinata da una causa meccanica e può essere efficacemente curata per via chirurgica (tramite endoarteriectomia polmonare – EAP).

«È la pulizia delle arterie polmonari, la rimozione dei trombi che le bloccano. Nella maggior parte dei casi si ha la guarigione completa» spiega Andrea Maria D’Armini, Professore Ordinario di Cardiochirurgia, Responsabile Unità di Cardiochirurgia, dei Trapianti Intratoracici e dell’Ipertensione Polmonare della Fondazione I.R.C.C.S. Policlinico “San Matteo”.

In 25 anni, l’arma chirurgica è cambiata moltissimo e se un tempo si procedeva con il trapianto, oggi l’intervento è conservativo. Anche il professor D’Armini punta il dito contro le diagnosi tardive e sbagliate: «Sono ancora molti i pazienti che arrivano con una lunga storia di malattia alle spalle. Colpa di un sistema sbagliato che fa perdere tanto tempo al paziente prima di arrivare ad un Centro multidisciplinare in grado di seguirlo, l’unica strada virtuosa da seguire».

@nicla_panciera

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