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L’infertilità maschile, causa di quasi la metà dei mancati concepimenti, potrebbe non essere tale a partire dai testicoli. L’incapacità di fecondare un ovocita sembra infatti maturare lungo il percorso che porta i gameti maschili dagli organi deputati alla loro produzione verso l’esterno. Il percorso che ha inizio dall’epididimo e termina con l’eiaculazione è infatti quello in cui gli spermatozoi vengono maggiormente «stressati». Al punto che, se prelevati direttamente dai testicoli di persone fino a quel momento infertili, mostrano tassi di danneggiamento del Dna analoghi a quelli rilevabili in uomini che hanno già avuto figli o che non mostrano comunque problemi di fertilità. Jonathan Ramsay, urologo dell’Imperial College di Londra, ha compiuto la scoperta e l’ha presentata nel corso del congresso della Società Europea di Urologia, a Barcellona.

«Funzionano» gli spermatozoi prelevati dai testicoli

Lo specialista britannico, assieme al suo gruppo di ricerca, è giunto a questa conclusione dopo aver posto a confronto lo sperma prelevato direttamente dai testicoli di 63 uomini infertili - alle cui spalle c’era già il fallimento di una procedura di iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo - con quello di 76 volontari, il cui liquido seminale è stato raccolto soltanto dopo l’eiaculazione. Obbiettivo del lavoro era comparare la qualità del seme raccolto. Osservando le cellule in laboratorio, i ricercatori hanno notato un danno della doppia elica del Dna esteso per una quota prossima al 15 per cento: tanto tra gli uomini infertili quanto tra quelli fertili. La percentuale, considerata fisiologica e non in grado da sola di compromettere la capacità riproduttiva, è risultata di gran lunga inferiore rispetto a quella rilevata (40 per cento) raccogliendo lo sperma degli uomini infertili attraverso l’eiaculazione. Un riscontro che ha spinto Ramsay ad affermare che «evidentemente il danno ossidativo si concretizza soprattutto a livello dei dotti». Motivo per cui ricorrendo al prelievo degli spermatozoi direttamente dai testicoli - procedure che in alcuni centri di procreazione medicalmente assistita (Pma) vengono già effettuate, soprattutto nei casi in cui l’infertilità maschile è da ricondurre a deficit di eiaculazione o all’ostruzione dei diversi dotti: sono note con gli acronimi «Tesa», «Pesa» e «Tese» - «si può immaginare che questi uomini, pur avendo già visto fallire una procedura di Pma, possano comunque diventare padri», per dirla con Sheena Lewi, docente di medicina riproduttiva all’Università di Belfast e presidente della British Andrology Society.

Le cause dell’infertilità maschile

A minare la capacitazione degli spermatozoi, ovvero la possibilità di fecondare la cellula uovo femminile una volta incontrata nelle tube, possono essere diversi fattori: patogeni sessualmente trasmessi, sostanze sprigionate dal fumo, inquinanti, molecole infiammatorie maggiormente presenti in persone in sovrappeso o obese. Virus, batteri, composti tossici e citochine infiammatorie minano evidentemente la salute dei gameti maschili lungo il tratto da percorrere a partire dai testicoli - passando attraverso il dotto deferente, il dotto eiaculatore e l’uretra - per arrivare all’esterno. Secondo Ramsay, «questa scoperta potrebbe contribuire a risolvere una buona parte di quei casi di infertilità maschile per cui non si trova una soluzione».

Una quota pari all’incirca al 30 per cento , nei cui confronti finora la ricerca si è spesso fermata dopo aver riscontrato anche il fallimento di una procedura di iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo: considerata la risposta più efficace all’infertilità maschile.

I prossimi passi

«Oggi sappiamo che gli spermatozoi di queste persone sono più integri a livello testicolare di quanto non appaiano dopo l’eiaculazione», aggiunge Lewi, lasciando intendere come sia a questo punto importante acquisire ulteriori prove: l’eventuale fecondazione fugherebbe i dubbi residui. Procedure di prelievo degli spermatozoi direttamente dai testicoli «potrebbero aumentare i tassi di successo delle procedure di procreazione assistita - chiosa Maarten Albersen, andrologo dell’Università di Leuven (Belgio) -. Di questo aspetto, una volta verificato lo step successivo, occorrerà tenerne conto soprattutto in quei Paesi in cui il numero di cicli di Pma rimborsati è limitato e molti uomini si sottopongono a trattamenti destinati comunque al fallimento».

Twitter @fabioditodaro

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