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Ha un impatto importante sulla qualità della vita ma non viene considerato un disturbo di cui parlare con il medico. Di fronte all’incontinenza urinaria, una donna su quattro chiede aiuto a un professionista e, di queste, meno della metà riceve un trattamento adeguato. Una review apparsa sul Journal of the American Medical Association ha disegnato un quadro oggettivo di questo «tabù» che coinvolge fino al 25% delle donne, anche in giovane età. Le cause dell’alta incidenza femminile dell’incontinenza urinaria sono da ricondurre all’anatomia e alle situazioni di rischio che le donne si trovano ad affrontare.

«Nella vita della donna ci possono essere eventi che possono influenzare le strutture deputate alla continenza, come il parto, la menopausa, l’invecchiamento», sottolinea Antonella Biroli, fisiatra dell’ospedale San Giovanni Bosco di Torino e presidente del comitato Scientifico della Fondazione Italiana Continenza. Ma a rendere più grave questo disturbo è soprattutto la scarsa conoscenza delle molti opzioni di cura disponibili, che vanno dai semplici cambiamenti nello stile di vita fino alla chirurgia.

Attenzione al peso

L’incontinenza urinaria si suddivide principalmente in due tipi: da sforzo, che si manifesta in conseguenza di improvvisi aumenti della pressione addominale dovuti a sforzi fisici, tosse o starnuti; e da urgenza, quando il bisogno di urinare si presenta in modo forte e impellente. In entrambi i casi lo stile di vita può avere un impatto determinante sull’incidenza del disturbo.

«L’obesità è tra i principali fattori di rischio per l’incontinenza urinaria e la riduzione del peso contribuisce a ridurne significativamente l’incidenza» sottolinea Antonella Biroli. Nei casi di incontinenza da urgenza, inoltre, alcuni accorgimenti alimentari possono risultare utili, come abbattere il numero di caffè giornalieri ed eventualmente ridurre l’apporto idrico generico, ma solamente in caso di evidente eccesso di assunzione di liquidi durante il giorno.

«Ginnastica» per la vescica

Un sostegno importante arriva dalle terapie riabilitative e comportamentali, in cui viene insegnata alle pazienti l’anatomia del sistema urinario e i comportamenti da seguire per mantenerlo ben «allenato».

«La rieducazione della muscolatura del pavimento pelvico può guidare le pazienti nel percorso di recupero della continenza», chiarisce Antonella Biroli. Ma i percorsi di riabilitazione possono coinvolgere anche la sfera comportamentale, come avviene con il «bladder training» – o ginnastica della vescica – in cui le donne che «visitano» la toilette troppo spesso sono stimolate ad aumentare gradualmente gli intervalli della minzione, così da accrescere la capacità funzionale della loro vescica.

Chirurgia e botox: opzioni da valutare

Alcuni farmaci disponibili in commercio hanno dimostrato la loro efficacia nel contrastare il bisogno impellente e improcrastinabile di urinare, caratteristico dell’incontinenza da urgenza. Nei casi più ostici di incontinenza da sforzo, invece, è possibile ricorrere a trattamenti chirurgici mininvasivi come i dispositivi impiantabili introdotti a livello sub-uretrale, utili a limitare le perdite di urina anche in caso di forti compressioni addominali. Un’alternativa da tenere in considerazione è inoltre la tossina botulinica: lo stesso botox utilizzato in chirurgia estetica.

«Il botox ha l’effetto di ridurre l’iperattività della vescica che costituisce la base dell’incontinenza da urgenza, tuttavia questo trattamento è da riservarsi a casi selezionati che non rispondono alle terapie comuni», sottolinea Antonella Biroli. Oltre ad avere effetti collaterali, infatti, questo trattamento non è definitivo e necessita di essere ripetuto nel tempo, come avviene anche in chirurgia estetica.

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