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Molti pazienti infettati dal Covid-19 hanno lamentato la perdita di gusto e olfatto. Un fenomeno denunciato da molti e che ha bisogno di indagini, studi e approfondimenti. Orietta Calcinoni Specialista in otorinolaringoiatria e foniatria, responsabile del Servizio Orl per il Teatro alla Scala di Milano ha raccontato di un’importante iniziativa internazionale volta a una migliore comprensione proprio di questo fenomeno.

La perdita di gusto e olfatto sono problemi comuni?

«Nel primo trimestre del 2020, in tutto il mondo, molte persone si sono accorte, più o meno all’improvviso, di non sentire gli odori e l’aroma dei cibi, alcuni anche di non sentire i gusti. La perdita dell’olfatto, prima dell’inizio di questa epidemia, era cosa piuttosto rara, quella del gusto eccezionale, se non in alcune lavorazioni o in alcune cure con farmaci chemioterapia e radioterapia per prime, ma non solo».

Si può affermare che perdita di gusto e olfatto siano sintomi del Covid-19?

«Alcuni pazienti dicono di aver solo perso l’olfatto, altri di averlo perso dopo un ricovero, magari impegnativo, per una grave COVID-19, altri hanno sintomi associati, febbre o tosse e l’olfatto che va e viene. Dire che la perdita di olfatto e/o di gusto sono sintomi che provano un contagio è un dato ancora con incompleta evidenza scientifica, senza nulla togliere alla validità di pubblicazioni e studi che su casi singoli o su alcune popolazioni, stanno cercando conferme statistiche e cliniche».

È vero che esistono due modi di usare l’olfatto?

«È vero abbiamo due modi di usare l’olfatto: uno dalle narici e uno dalla bocca. Infatti possiamo annusare, odorare una rosa, uno spicchio d’aglio, un detergente, ma anche apprezzare l’aroma (piacevole o spiacevole) di quello che mettiamo in bocca: un caffè a regola d’arte, un vino di qualità, un formaggio o un frutto … e allo stesso tempo riconoscere qualcosa “rancido, affumicato, balsamico, agliaceo, aromatico…” o anche sentire l’aroma di un cibo che non c’è , come lo sciroppo antibiotico “alla fragola” o l’integratore “al caffè”. Questo tipo di olfatto , detto retronasale, perché riceve gli odori dei cibi che dalla bocca per la faringe risalgono al naso, è altrettanto importante di quello orto-nasale, che riceve gli odori che arrivano dalle narici».

Questo potrebbe spiegare perché alcuni pazienti Covid-19 lamentano perdita di olfatto e altri di gusto?

«Non ho elementi per fare una simile affermazione, ma può succedere che un naso bloccato da un raffreddore o da qualsiasi altra problematica non riesca più a percepire gli aromi e porti a concludere di aver perso il senso del gusto».

Come si può definire correttamente il senso del gusto?

È un senso molto pratico: dolce, salato, acido, amaro, “umami” che è il gusto del glutammato nel dado, dell’uovo sodo, del concentrato di pomodoro, per esempio. Stiamo studiando come il gusto riconosca l’astringente (tipo la banana poco matura, che “lega i denti”), il metallico, … e il grasso, che purtroppo sembra condizionare molti , come una specie di “circolo vizioso”, a mangiare sempre più cibi grassi e rischiare l’obesità con tutti i danni che comporta alla salute».

Come nasce il Global Consortium for Chemosensory Research (GCCR)?

«Il GCCR è nato a metà marzo 2020 e raduna più di 40 Paesi del Mondo ed oltre 500 Esperti : biochimici, fisiologi, medici, preparatori di aromi, profumi , studiosi di scienze dell’alimentazione. Ha un sito web, pagine Facebook, Twitter @GCChemosensory. Primo scopo del GCCR : la creazione di una survey, un sondaggio, non Internazionale, ma globale. Con una versione di base in inglese, tradotta in moltissime delle lingue del pianeta e verificata per back-version come fedeltà dei diversi questionari tra loro. Questo per permettere una attendibile comparazione dei dati raccolti. È stato anche stilato un documento per il consenso: questo ha richiesto molto tempo, anche più di quello per progettare il questionario, perché fosse valido nei diversi paesi del Mondo. Non trascurabile la difficoltà ulteriore di avere una piattaforma condivisa in tutto il mondo, se pensiamo che, solo per fare un esempio, Google non è disponibile liberamente in Cina».

Perché è utile e importante aderire a questa iniziativa?

«Obiettivo del sondaggio è la possibilità di diffondersi nello stesso momento in tutto il mondo, così che milioni di persone possano rispondere alle stesse domande ma nelle rispettive madrelingue. Evidenziare, dalle libere risposte dei Partecipanti, quanti di loro abbiano o meno avuto disturbi di olfatto e/o gusto, quando e per quanto sia successo, prima, dopo, in contemporanea o in assenza di altri sintomi da infezione virale, quanti tra loro abbiano una diagnosi documentata di COVID-19 e quanti una serie di sintomi che “per analogia” porti a diagnosi di COVID-19 … insomma mettere in numeri quello che per ora è un “multiforme” sospetto e permettere di iniziare a ragionare con una base di evidenza scientifica».

Come verrà diffuso il documento?

«Sarà diffuso in tutti i modi: dagli ambienti sanitari (medici, farmacisti) ai social, alla stampa. Proprio in ragione delle differenze da Paese a Paese nei cinque continenti».

A chi è rivolta e raccomandata la compilazione?

«Il questionario è indirizzato a chi è COVID-19 o sospetto e a chi ha una malattia respiratoria. I dati saranno anonimi e verranno valutati da un unico centro, online. Per questa prima volta ognuno partecipi una volta sola, dopo aver dato il proprio consenso. Poi solo chi vorrà lasciare una mail potrà essere ricontattato per un controllo a distanza. È in previsione anche un percorso di autovalutazione che sarà aperto a tutti».

Molti pazienti infettati dal Covid-19 hanno lamentato la perdita di gusto e olfatto. Un fenomeno denunciato da molti e che ha bisogno di indagini, studi e approfondimenti. Orietta Calcinoni Specialista in otorinolaringoiatria e foniatria, responsabile del Servizio Orl per il Teatro alla Scala di Milano ha raccontato di un’importante iniziativa internazionale volta a una migliore comprensione proprio di questo fenomeno.

La perdita di gusto e olfatto sono problemi comuni?

«Nel primo trimestre del 2020, in tutto il mondo, molte persone si sono accorte, più o meno all’improvviso, di non sentire gli odori e l’aroma dei cibi, alcuni anche di non sentire i gusti. La perdita dell’olfatto, prima dell’inizio di questa epidemia, era cosa piuttosto rara, quella del gusto eccezionale, se non in alcune lavorazioni o in alcune cure con farmaci chemioterapia e radioterapia per prime, ma non solo».

Si può affermare che perdita di gusto e olfatto siano sintomi del Covid-19?

«Alcuni pazienti dicono di aver solo perso l’olfatto, altri di averlo perso dopo un ricovero, magari impegnativo, per una grave COVID-19, altri hanno sintomi associati, febbre o tosse e l’olfatto che va e viene. Dire che la perdita di olfatto e/o di gusto sono sintomi che provano un contagio è un dato ancora con incompleta evidenza scientifica, senza nulla togliere alla validità di pubblicazioni e studi che su casi singoli o su alcune popolazioni, stanno cercando conferme statistiche e cliniche».

È vero che esistono due modi di usare l’olfatto?

«È vero abbiamo due modi di usare l’olfatto: uno dalle narici e uno dalla bocca. Infatti possiamo annusare, odorare una rosa, uno spicchio d’aglio, un detergente, ma anche apprezzare l’aroma (piacevole o spiacevole) di quello che mettiamo in bocca: un caffè a regola d’arte, un vino di qualità, un formaggio o un frutto … e allo stesso tempo riconoscere qualcosa “rancido, affumicato, balsamico, agliaceo, aromatico…” o anche sentire l’aroma di un cibo che non c’è , come lo sciroppo antibiotico “alla fragola” o l’integratore “al caffè”. Questo tipo di olfatto , detto retronasale, perché riceve gli odori dei cibi che dalla bocca per la faringe risalgono al naso, è altrettanto importante di quello orto-nasale, che riceve gli odori che arrivano dalle narici».

Questo potrebbe spiegare perché alcuni pazienti Covid-19 lamentano perdita di olfatto e altri di gusto?

«Non ho elementi per fare una simile affermazione, ma può succedere che un naso bloccato da un raffreddore o da qualsiasi altra problematica non riesca più a percepire gli aromi e porti a concludere di aver perso il senso del gusto».

Come si può definire correttamente il senso del gusto?

È un senso molto pratico: dolce, salato, acido, amaro, “umami” che è il gusto del glutammato nel dado, dell’uovo sodo, del concentrato di pomodoro, per esempio. Stiamo studiando come il gusto riconosca l’astringente (tipo la banana poco matura, che “lega i denti”), il metallico, … e il grasso, che purtroppo sembra condizionare molti , come una specie di “circolo vizioso”, a mangiare sempre più cibi grassi e rischiare l’obesità con tutti i danni che comporta alla salute».

Come nasce il Global Consortium for Chemosensory Research (GCCR)?

«Il GCCR è nato a metà marzo 2020 e raduna più di 40 Paesi del Mondo ed oltre 500 Esperti : biochimici, fisiologi, medici, preparatori di aromi, profumi , studiosi di scienze dell’alimentazione. Ha un sito web, pagine Facebook, Twitter @GCChemosensory. Primo scopo del GCCR : la creazione di una survey, un sondaggio, non Internazionale, ma globale. Con una versione di base in inglese, tradotta in moltissime delle lingue del pianeta e verificata per back-version come fedeltà dei diversi questionari tra loro. Questo per permettere una attendibile comparazione dei dati raccolti. È stato anche stilato un documento per il consenso: questo ha richiesto molto tempo, anche più di quello per progettare il questionario, perché fosse valido nei diversi paesi del Mondo. Non trascurabile la difficoltà ulteriore di avere una piattaforma condivisa in tutto il mondo, se pensiamo che, solo per fare un esempio, Google non è disponibile liberamente in Cina».

Perché è utile e importante aderire a questa iniziativa?

«Obiettivo del sondaggio è la possibilità di diffondersi nello stesso momento in tutto il mondo, così che milioni di persone possano rispondere alle stesse domande ma nelle rispettive madrelingue. Evidenziare, dalle libere risposte dei Partecipanti, quanti di loro abbiano o meno avuto disturbi di olfatto e/o gusto, quando e per quanto sia successo, prima, dopo, in contemporanea o in assenza di altri sintomi da infezione virale, quanti tra loro abbiano una diagnosi documentata di COVID-19 e quanti una serie di sintomi che “per analogia” porti a diagnosi di COVID-19 … insomma mettere in numeri quello che per ora è un “multiforme” sospetto e permettere di iniziare a ragionare con una base di evidenza scientifica».

Come verrà diffuso il documento?

«Sarà diffuso in tutti i modi: dagli ambienti sanitari (medici, farmacisti) ai social, alla stampa. Proprio in ragione delle differenze da Paese a Paese nei cinque continenti».

A chi è rivolta e raccomandata la compilazione?

«Il questionario è indirizzato a chi è COVID-19 o sospetto e a chi ha una malattia respiratoria. I dati saranno anonimi e verranno valutati da un unico centro, online. Per questa prima volta ognuno partecipi una volta sola, dopo aver dato il proprio consenso. Poi solo chi vorrà lasciare una mail potrà essere ricontattato per un controllo a distanza. È in previsione anche un percorso di autovalutazione che sarà aperto a tutti».