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La fistola ostetrica consiste in una lacerazione che può generarsi dopo il parto e va a mettere in comunicazione la vagina con la vescica, il retto o entrambi favorendo il passaggio di urina e di feci con conseguenti problemi d’incontinenza urinaria e\o fecale.

Nel 90% dei casi si genera a causa del travaglio prolungato, non sostenuto da alcun intervento medico che vada ad alleviare la pressione del nascituro durante la fase espulsiva. La condizione non è per niente rara: si stima che interessi 2 milioni di donne in Africa subsahariana, in Asia, nella regione araba, in America latina e nei Caraibi. E ogni anno si sviluppano da 50.000 a 100.000 nuovi casi.

La fistola ostetrica, è quindi una complicanza del parto che però si può facilmente prevenire in presenza di un’assistenza medica adeguata, che purtroppo ancora manca in tante parti del mondo. Le donne con fistola ostetrica che non si sottopongono all’intervento ripartivo, sono condannate all’incontinenza cronica, a essere lasciate dal marito e emarginate a causa dei cattivi odori e delle perdite dalle quali sono gravate.

Alla fistola ostetrica si può rimediare con un intervento chirurgico, ma dove il problema è più diffuso, sono pochi i medici competenti e provvisti delle attrezzature necessarie per riparare la lacerazione e assistere le donne nel post intervento.

La storia di Mary, respinta dal marito perchè puzzava a causa della lacerazione

«Nel 2012 appena 15 enne, Mary partorisce un bimbo morto, dopo 4 giorni di travaglio nella sua capanna con una levatrice tradizionale. Pochi giorni dopo iniziano le perdite di urina, il marito la evita e a causa del suo cattivo odore, la famiglia del marito la respinge e la abbandona, considerandola “maledetta”».

A raccontare questa storia è Roberta Bernocco, responsabile Amref per l’Africa, dopo un’esperienza di 5 giorni vissuta in Kenya per seguire l’andamento del progetto triennale Safe motherhood.

Tale progetto si propone il miglioramento della salute della donna nelle contee di Turkana, Marsabit e Garissa, in Kenya, tramite il rafforzamento delle capacità del personale sanitario e degli ospedali remoti per aumentare e migliorare l’accesso e la qualità delle cure a tutela della salute materna, sessuale riproduttiva, delle cure pre e post natali, fornendo formazione, interventi chirurgici e visite mediche gratuite, in particolare per la riparazione della fistola ostetrica.

Il secondo e il terzo parto di Mary poi l’operazione grazie ad Amref

«La storia di Mary non si esaurisce con questa prima gravidanza- continua a raccontare la dottoressa Bernocco - Un anno dopo, ha trovato un altro marito e dopo 2 mesi è rimasta di nuovo incinta. Questa volta durante il travaglio, il marito l’ha portata all’ospedale di Torit in Sud Sudan, è lì il bambino è nato con un parto cesareo. Successivamente Mary e il suo bambino sono stati portati dal marito al campo di Kakuma, per l’inasprirsi delle tensioni in Sud Sudan. L’uomo non si è fermato al campo, ma è rimasto il tempo necessario per metterla incinta di nuovo. L’ultimo figlio Mary l’ha avuto al campo profughi con parto naturale e la situazione della fistola si è talmente aggravata, da valere la segnalazione ai medici del campo all’ospedale di Lodwar per la ricostruzione, realizzata poi gratuitamente dal progetto di Amref.

Le donne devono avere il coraggio di parlare di questo problema

Mary ha deciso di raccontare la sua drammatica esperienza alle altre donne, molte, che in silenzio soffrono a causa delle fistole ostetriche. Spiegherà loro che il problema si può risolvere con un’operazione chirurgica, ma bisogna avere il coraggio di non vergognarsi. E in Africa, come in tante altre realtà, non vergognarsi è un atto di coraggio e una vera e propria presa di posizione».

Strutture ospedaliere insufficienti

Mary è un’abitante della contea del Turkana, la seconda più estesa del Kenya. L’unico ospedale di riferimento per questa zona molto vasta, è il County Referral Hospital a Lodwar, con una capacità di 300 letti, 2 soli specialisti in ginecologia, circa 260 parti al mese anche se il 54% delle donne continua a partorire a casa.

CHE SUCCEDE DOPO L’OPERAZIONE

L’operazione chirurgica alla quale Mary è stata sottoposta è durata due ore, è consistita nella riparazione esterna e interna della zona lacerata. Adesso questa giovanissima donna dovrà astenersi per 6 mesi dall’avere rapporti sessuali e poi, la sua vita potrà ricominciare normalmente.

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