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La fibromialgia è una malattia complessa: chi ne soffre non sempre arriva alla diagnosi rapidamente perché non esiste, al momento, alcun esame di laboratorio che ne permetta una diagnosi inequivocabile.

Secondo le stime disponibili, il disturbo, che mostra una spiccata prevalenza nel sesso femminile, interessa circa il 2-8% della popolazione, nella fascia di età 20-55 anni. Anche quando si arriva alla sospirata diagnosi il percorso terapeutico è tutto in salita, poiché l’impostazione della cura dipende dall’esperienza clinica del medico che prende in carico il paziente e non permette la risoluzione completa della sintomatologia che è molto varia e seriamente invalidante. I pazienti fibromialgici lamentano dolore descritto come paragonabile a crampi, morsi, scosse elettriche o trafittura di coltelli, stanchezza che non sparisce e non si attenua con il riposo notturno, insonnia, malessere generale con rigidità mattutina, cefalea, reflusso gastroesofageo, dolori addominali, colon irritabile, difficoltà nella concentrazione e nella memoria.

Fibromialgia: tutti gli studi per decifrare la malattia “misteriosa”

angela nanni

L’importanza di non cadere nella trappola delle fake news

Proprio perché la fibromialgia è una sindrome complessa, per conviverci è importante affidarsi agli esperti giusti e non cadere nella trappola delle fake news. Il dottor Marco Ghini, reumatologo e referente dell’ambulatorio dedicato alla Fibromialgia e al dolore cronico diffuso del Policlinico di Modena, ha stilato un decalogo con le 10 fake news più diffuse su questa malattia: «Succede che i pazienti arrivino in ambulatorio con informazioni inesatte e persino false, trovate sul web spiega lo specialista -. Questo non fa altro che generare credenze errate, ulteriori preoccupazioni e incertezze per chi le legge. Oggi, questa patologia è riconosciuta a livello internazionale e ci sono criteri precisi per diagnosticarla oltre che linee guida condivise per il suo trattamento che va dalla terapia farmacologica a una corretta alimentazione, senza dimenticare un’adeguata attività fisica».

Il decalogo delle 10 Fake news più comuni sulla fibromialgia

1) IL DOLORE NON È REALE, È UNA MALATTIA PSICOSOMATICA

Il dolore è assolutamente reale, non c’è nulla di inventato e non si tratta di una somatizzazione. Oggi, gli esami strumentali effettuati tramite risonanza magnetica funzionale mostrano che in chi soffre di Fibromialgia c’è un’alterata percezione del dolore. Cioè: il dolore viene avvertito in modo eccessivo dalle aree cerebrali deputate a controllarlo, a causa di un’alterazione. Oltre agli esami strumentali, per diagnosticarla si usano gli ultimi criteri diagnostici dell’American College of Rheumatology del 2016, dove si chiede alla persona di compilare una scheda sulla quale è raffigurato il lato destro ed il lato sinistro di un corpo indicando le parti dolenti. Inoltre, insieme alla raccolta della storia personale, si indaga se ci sono deficit cognitivi di memoria, attenzione e concentrazione. Spesso, però, la diagnosi risulta complessa anche ad alcuni clinici, perché la Fibromialgia presenta una sintomatologia che può essere comune anche ad altre patologie.

2) COLPISCE PREVALENTEMENTE LE DONNE IN ETÀ AVANZATA

La fake news che una problematica reumatologica si possa manifestare solo in là con gli anni, riguarda un po’ tutte le malattie reumatologiche. Ma non è così. Si possono presentare già in età pediatrica o in giovane età, come accade per la Fibromialgia. Gli studi hanno mostrato che in chi ne è affetto c’è una predisposizione genetica, e in particolare è stata documentata un’alterazione del cromosoma 17, che coinvolge una serie di geni utili a produrre proteine e enzimi che intervengono nella sintesi di neurotrasmettitori regolatori del dolore. Ma questa non è l’unica alterazione genetica presente in chi ha la sindrome fibromialgica: vi è, infatti, un’eredità poligenica, ossia l’alterazione di numerosi geni che influiscono sul come si avverte il dolore.

3) IL DOLORE È LIEVE E NON COMPROMETTE LA QUALITÀ DI VITA

Questa è una convinzione che ancora hanno in tanti. Per anni i fibromialgici si sono sentiti invisibili – e ancora oggi alcuni avvertono questa sensazione – perché non sono stati creduti e molti pensavano che il dolore che provavano fosse di natura psicosomatica. Come abbiamo detto, non è così. Il dolore che provano, spesso, è invalidante e compromette la qualità di vita. Molti, ancora oggi, perdono il lavoro e vedono sgretolarsi relazioni sentimentali a causa di questa patologia. Se la si diagnostica in tempo, agli esordi, però, si può iniziare una terapia multidisciplinare per far sì che non diventi così compromettente.

4) INTERESSA SOLTANTO IL SESSO FEMMINILE

Non è così: può interessare anche il sesso maschile, seppure in misura in minore rispetto a quello femminile. Anche se variabile in base agli studi epidemiologici considerati, il rapporto donne/uomini può essere in media pari a 10/1.

5) È UNA DIAGNOSI DELETERIA E PORTA A UNA MEDICALIZZAZIONE INUTILE CON AUMENTO DI SPESA SANITARIA

Negli USA, a un certo punto, sono comparsi articoli dove si diceva che era inutile fare diagnosi di Fibromialgia perché si medicalizzava troppo il paziente. Questo è un’altra fake news, da sfatare: gli studi fatti per lo più in Europa, infatti, hanno dimostrano chiaramente che se si arriva presto alla diagnosi, si risparmiano tante risorse economico-sanitarie. Perché chi convive con questa sindrome, se non ha ancora ricevuto diagnosi, fa più spesso esami, assume dosi massicce di antidolorifici, che possono anche avere effetti collaterali che portano a ulteriori disagi e sofferenze e dunque alla necessità di ulteriori accertamenti clinici. Si innesca un circolo vizioso, faticoso per la persona affetta da Fibromialgia e costoso per il SSN.

6) È UNA PATOLOGIA RICONOSCIUTA DALLO STATO ITALIANO

Questa notizia è circolata anche in rete, più e più volte, ma purtroppo non è così. C’è attualmente un disegno di legge al vaglio del Senato per il riconoscimento della Fibromialgia come malattia cronica e invalidante, ma non è stata ancora riconosciuta. Esiste, però, un recente registro italiano sulla Fibromialgia, che raccoglie dati sui pazienti con sindrome fibromialgica affinché si possa velocizzare il riconoscimento della malattia.

7) L’ALIMENTAZIONE È ININFLUENTE SUL DECORSO DELLA MALATTIA

È dimostrato che ci sono alimenti che peggiorano la sintomatologia della Fibromialgia, mentre ce ne sono altri che la migliorano. Uno dei consigli che diamo ai pazienti è quello di affiancare le terapie farmacologiche a un’attività fisica moderata, magari in acqua termale e adeguata alle necessità dei singoli, abbinate a una dieta antiinfiammatoria che aiuti a migliorare anche la funzionalità intestinale. La situazione dell’intestino, con particolare attenzione alla permeabilità intestinale, infatti, incide moltissimo sul decorso della malattia. Il nodo nutrizionale da sciogliere, quindi, consiste nel valutare gli alimenti che possono contribuire a un miglioramento della produzione di serotonina, il cosiddetto ormone del buon umore prodotto per l’85% nell’intestino. Bisogna, allora, suggerire alimenti che abbassino il livello di infiammazione intestinale e che aiutino il sistema nervoso a produrre la serotonina. No a carboidrati complessi, zuccheri e lattosio a cui la maggior parte dei fibromialgici è intollerante. Sì a cibi ricchi di fibre come cereali integrali, frutta e verdura. L’acido butirrico contenuto nel burro, inoltre, può aiutare a ridurre la permeabilità intestinale, quindi via libera a una colazione a base di pane integrale, con un velo di burro e marmellata di prugne senza zucchero.

8) NON ESISTE NESSUNA TERAPIA PER LA FIBROMIALGIA

“Mi hanno detto che ho la Fibromialgia e che non c’è nessuna cura, quindi me la devo tenere”: è una frase che si sente ripetere spesso dai pazienti. Ma anche questa è una fake news. Ci sono linee guida internazionali per la terapia della Fibromialgia. Oggi conosciamo i meccanismi del dolore da sensibilizzazione centrale e sappiamo quali neurotrasmettitori sono carenti, prevalentemente la noradrenalina, ma anche la serotonina. Esiste quindi una cura, ma non è detto che sia unica per tutte le persone affette da questa sindrome. La scelta dipende dalla gravità della malattia.

9) SI USANO SOLO GLI PSICOFARMACI

«Non è una malattia psichiatrica, ma mi stanno dando degli psicofarmaci: perché?».

È un interrogativo che circola spesso anche in rete. Per regolare i neurotrasmettitori carenti in chi è affetto da sindrome fibromialgica, e dunque migliorare anche la sintomatologia dolorosa, si possono usare psicofarmaci utilizzati come antidepressivi. Ma non tutti vanno bene, e questo è necessario sottolinearlo. I principi attivi più efficaci sono: venlafaxina, duloxetina, inibitori della ricaptazione della serotonina e della noradrenalina utilizzati anche per il dolore neuropatico, in particolare paroxetina e sertralina che hanno una buona azione anche sulla noradrenalina. Si può anche associare un analgesico centrale che ha una leggera attività come oppiaceo, il tramadolo, che agisce aumentando la disponibilità di serotonina e noradrenalina di cui sono carenti i fibromialgici. Chi ha dolori di entità grave (si parla di dolore grave quando la scala di misurazione del dolore da 0 a 10, denominata NRS, indica un punteggio compreso tra 7 e 10) può utilizzare anche un altro oppiaceo più forte rispetto al tramadolo, il tapentadolo, che rappresenta il capostipite di una nuova famiglia di analgesici il cui meccanismo d’azione unisce l’azione come oppiaceo a quella di ricaptazione della noradrenalina. Tutti i farmaci, però, vanno prescritti dal curante.

10) LA CANNABIS TERAPEUTICA È LA CURA DEFINITIVA

La cannabis medicale dà buoni effetti all’inizio della terapia, ma dopo un certo periodo di utilizzo la sintomatologia dolorosa torna allo stato inziale. Inoltre, a differenza di quanto spesso si legge in rete, non è scevra da effetti collaterali soprattutto a seguito di uso prolungato, come, per esempio, deficit cognitivi quali alterazioni della memoria, disturbi della coordinazione motoria con aumentato rischio di incidenti stradali, sviluppo di patologia delle vie aeree, disturbi psicotici cronici e dipendenza fino al 25% degli utilizzatori su base quotidiana. Oggi, abbiamo terapie farmacologiche e non farmacologiche molto più efficaci della cannabis, e con meno effetti collaterali.

«Oggi, abbiamo evidenze scientifiche che dimostrano che la Fibromialgia non è una malattia psicosomatica e sappiamo che può essere scatenata da cause genetiche, epigenetiche e da fattori ambientali – precisa la dottoressa Gilda Sandri, reumatologa presso l’AOU Policlinico di Modena e Vicepresidente del Collegio Reumatologi Italiani (CReI) – Purtroppo, però, in rete si trovano tante false verità che è bene sfatare affinché si diffonda cultura e conoscenza basata sulle evidenze». In quest’ottica, il decalogo è già un importante passo avanti.

La fibromialgia è una malattia complessa: chi ne soffre non sempre arriva alla diagnosi rapidamente perché non esiste, al momento, alcun esame di laboratorio che ne permetta una diagnosi inequivocabile.

Secondo le stime disponibili, il disturbo, che mostra una spiccata prevalenza nel sesso femminile, interessa circa il 2-8% della popolazione, nella fascia di età 20-55 anni. Anche quando si arriva alla sospirata diagnosi il percorso terapeutico è tutto in salita, poiché l’impostazione della cura dipende dall’esperienza clinica del medico che prende in carico il paziente e non permette la risoluzione completa della sintomatologia che è molto varia e seriamente invalidante. I pazienti fibromialgici lamentano dolore descritto come paragonabile a crampi, morsi, scosse elettriche o trafittura di coltelli, stanchezza che non sparisce e non si attenua con il riposo notturno, insonnia, malessere generale con rigidità mattutina, cefalea, reflusso gastroesofageo, dolori addominali, colon irritabile, difficoltà nella concentrazione e nella memoria.

Fibromialgia: tutti gli studi per decifrare la malattia “misteriosa”

angela nanni

L’importanza di non cadere nella trappola delle fake news

Proprio perché la fibromialgia è una sindrome complessa, per conviverci è importante affidarsi agli esperti giusti e non cadere nella trappola delle fake news. Il dottor Marco Ghini, reumatologo e referente dell’ambulatorio dedicato alla Fibromialgia e al dolore cronico diffuso del Policlinico di Modena, ha stilato un decalogo con le 10 fake news più diffuse su questa malattia: «Succede che i pazienti arrivino in ambulatorio con informazioni inesatte e persino false, trovate sul web spiega lo specialista -. Questo non fa altro che generare credenze errate, ulteriori preoccupazioni e incertezze per chi le legge. Oggi, questa patologia è riconosciuta a livello internazionale e ci sono criteri precisi per diagnosticarla oltre che linee guida condivise per il suo trattamento che va dalla terapia farmacologica a una corretta alimentazione, senza dimenticare un’adeguata attività fisica».

Il decalogo delle 10 Fake news più comuni sulla fibromialgia

1) IL DOLORE NON È REALE, È UNA MALATTIA PSICOSOMATICA

Il dolore è assolutamente reale, non c’è nulla di inventato e non si tratta di una somatizzazione. Oggi, gli esami strumentali effettuati tramite risonanza magnetica funzionale mostrano che in chi soffre di Fibromialgia c’è un’alterata percezione del dolore. Cioè: il dolore viene avvertito in modo eccessivo dalle aree cerebrali deputate a controllarlo, a causa di un’alterazione. Oltre agli esami strumentali, per diagnosticarla si usano gli ultimi criteri diagnostici dell’American College of Rheumatology del 2016, dove si chiede alla persona di compilare una scheda sulla quale è raffigurato il lato destro ed il lato sinistro di un corpo indicando le parti dolenti. Inoltre, insieme alla raccolta della storia personale, si indaga se ci sono deficit cognitivi di memoria, attenzione e concentrazione. Spesso, però, la diagnosi risulta complessa anche ad alcuni clinici, perché la Fibromialgia presenta una sintomatologia che può essere comune anche ad altre patologie.

2) COLPISCE PREVALENTEMENTE LE DONNE IN ETÀ AVANZATA

La fake news che una problematica reumatologica si possa manifestare solo in là con gli anni, riguarda un po’ tutte le malattie reumatologiche. Ma non è così. Si possono presentare già in età pediatrica o in giovane età, come accade per la Fibromialgia. Gli studi hanno mostrato che in chi ne è affetto c’è una predisposizione genetica, e in particolare è stata documentata un’alterazione del cromosoma 17, che coinvolge una serie di geni utili a produrre proteine e enzimi che intervengono nella sintesi di neurotrasmettitori regolatori del dolore. Ma questa non è l’unica alterazione genetica presente in chi ha la sindrome fibromialgica: vi è, infatti, un’eredità poligenica, ossia l’alterazione di numerosi geni che influiscono sul come si avverte il dolore.

3) IL DOLORE È LIEVE E NON COMPROMETTE LA QUALITÀ DI VITA

Questa è una convinzione che ancora hanno in tanti. Per anni i fibromialgici si sono sentiti invisibili – e ancora oggi alcuni avvertono questa sensazione – perché non sono stati creduti e molti pensavano che il dolore che provavano fosse di natura psicosomatica. Come abbiamo detto, non è così. Il dolore che provano, spesso, è invalidante e compromette la qualità di vita. Molti, ancora oggi, perdono il lavoro e vedono sgretolarsi relazioni sentimentali a causa di questa patologia. Se la si diagnostica in tempo, agli esordi, però, si può iniziare una terapia multidisciplinare per far sì che non diventi così compromettente.

4) INTERESSA SOLTANTO IL SESSO FEMMINILE

Non è così: può interessare anche il sesso maschile, seppure in misura in minore rispetto a quello femminile. Anche se variabile in base agli studi epidemiologici considerati, il rapporto donne/uomini può essere in media pari a 10/1.

5) È UNA DIAGNOSI DELETERIA E PORTA A UNA MEDICALIZZAZIONE INUTILE CON AUMENTO DI SPESA SANITARIA

Negli USA, a un certo punto, sono comparsi articoli dove si diceva che era inutile fare diagnosi di Fibromialgia perché si medicalizzava troppo il paziente. Questo è un’altra fake news, da sfatare: gli studi fatti per lo più in Europa, infatti, hanno dimostrano chiaramente che se si arriva presto alla diagnosi, si risparmiano tante risorse economico-sanitarie. Perché chi convive con questa sindrome, se non ha ancora ricevuto diagnosi, fa più spesso esami, assume dosi massicce di antidolorifici, che possono anche avere effetti collaterali che portano a ulteriori disagi e sofferenze e dunque alla necessità di ulteriori accertamenti clinici. Si innesca un circolo vizioso, faticoso per la persona affetta da Fibromialgia e costoso per il SSN.

6) È UNA PATOLOGIA RICONOSCIUTA DALLO STATO ITALIANO

Questa notizia è circolata anche in rete, più e più volte, ma purtroppo non è così. C’è attualmente un disegno di legge al vaglio del Senato per il riconoscimento della Fibromialgia come malattia cronica e invalidante, ma non è stata ancora riconosciuta. Esiste, però, un recente registro italiano sulla Fibromialgia, che raccoglie dati sui pazienti con sindrome fibromialgica affinché si possa velocizzare il riconoscimento della malattia.

7) L’ALIMENTAZIONE È ININFLUENTE SUL DECORSO DELLA MALATTIA

È dimostrato che ci sono alimenti che peggiorano la sintomatologia della Fibromialgia, mentre ce ne sono altri che la migliorano. Uno dei consigli che diamo ai pazienti è quello di affiancare le terapie farmacologiche a un’attività fisica moderata, magari in acqua termale e adeguata alle necessità dei singoli, abbinate a una dieta antiinfiammatoria che aiuti a migliorare anche la funzionalità intestinale. La situazione dell’intestino, con particolare attenzione alla permeabilità intestinale, infatti, incide moltissimo sul decorso della malattia. Il nodo nutrizionale da sciogliere, quindi, consiste nel valutare gli alimenti che possono contribuire a un miglioramento della produzione di serotonina, il cosiddetto ormone del buon umore prodotto per l’85% nell’intestino. Bisogna, allora, suggerire alimenti che abbassino il livello di infiammazione intestinale e che aiutino il sistema nervoso a produrre la serotonina. No a carboidrati complessi, zuccheri e lattosio a cui la maggior parte dei fibromialgici è intollerante. Sì a cibi ricchi di fibre come cereali integrali, frutta e verdura. L’acido butirrico contenuto nel burro, inoltre, può aiutare a ridurre la permeabilità intestinale, quindi via libera a una colazione a base di pane integrale, con un velo di burro e marmellata di prugne senza zucchero.

8) NON ESISTE NESSUNA TERAPIA PER LA FIBROMIALGIA

“Mi hanno detto che ho la Fibromialgia e che non c’è nessuna cura, quindi me la devo tenere”: è una frase che si sente ripetere spesso dai pazienti. Ma anche questa è una fake news. Ci sono linee guida internazionali per la terapia della Fibromialgia. Oggi conosciamo i meccanismi del dolore da sensibilizzazione centrale e sappiamo quali neurotrasmettitori sono carenti, prevalentemente la noradrenalina, ma anche la serotonina. Esiste quindi una cura, ma non è detto che sia unica per tutte le persone affette da questa sindrome. La scelta dipende dalla gravità della malattia.

9) SI USANO SOLO GLI PSICOFARMACI

«Non è una malattia psichiatrica, ma mi stanno dando degli psicofarmaci: perché?».

È un interrogativo che circola spesso anche in rete. Per regolare i neurotrasmettitori carenti in chi è affetto da sindrome fibromialgica, e dunque migliorare anche la sintomatologia dolorosa, si possono usare psicofarmaci utilizzati come antidepressivi. Ma non tutti vanno bene, e questo è necessario sottolinearlo. I principi attivi più efficaci sono: venlafaxina, duloxetina, inibitori della ricaptazione della serotonina e della noradrenalina utilizzati anche per il dolore neuropatico, in particolare paroxetina e sertralina che hanno una buona azione anche sulla noradrenalina. Si può anche associare un analgesico centrale che ha una leggera attività come oppiaceo, il tramadolo, che agisce aumentando la disponibilità di serotonina e noradrenalina di cui sono carenti i fibromialgici. Chi ha dolori di entità grave (si parla di dolore grave quando la scala di misurazione del dolore da 0 a 10, denominata NRS, indica un punteggio compreso tra 7 e 10) può utilizzare anche un altro oppiaceo più forte rispetto al tramadolo, il tapentadolo, che rappresenta il capostipite di una nuova famiglia di analgesici il cui meccanismo d’azione unisce l’azione come oppiaceo a quella di ricaptazione della noradrenalina. Tutti i farmaci, però, vanno prescritti dal curante.

10) LA CANNABIS TERAPEUTICA È LA CURA DEFINITIVA

La cannabis medicale dà buoni effetti all’inizio della terapia, ma dopo un certo periodo di utilizzo la sintomatologia dolorosa torna allo stato inziale. Inoltre, a differenza di quanto spesso si legge in rete, non è scevra da effetti collaterali soprattutto a seguito di uso prolungato, come, per esempio, deficit cognitivi quali alterazioni della memoria, disturbi della coordinazione motoria con aumentato rischio di incidenti stradali, sviluppo di patologia delle vie aeree, disturbi psicotici cronici e dipendenza fino al 25% degli utilizzatori su base quotidiana. Oggi, abbiamo terapie farmacologiche e non farmacologiche molto più efficaci della cannabis, e con meno effetti collaterali.

«Oggi, abbiamo evidenze scientifiche che dimostrano che la Fibromialgia non è una malattia psicosomatica e sappiamo che può essere scatenata da cause genetiche, epigenetiche e da fattori ambientali – precisa la dottoressa Gilda Sandri, reumatologa presso l’AOU Policlinico di Modena e Vicepresidente del Collegio Reumatologi Italiani (CReI) – Purtroppo, però, in rete si trovano tante false verità che è bene sfatare affinché si diffonda cultura e conoscenza basata sulle evidenze». In quest’ottica, il decalogo è già un importante passo avanti.