Accedi
Registrati


La fecondazione eterologa sta assumendo un ruolo sempre più importante nella terapia della sterilità. Ma in Italia, dove la procedura è consentita dal 2014 , continua a esserci ancora un ostacolo rilevante, ovvero: la carenza dei donatori . Un deficit che rende spesso impossibile il ricorso alla pratica e sottrae così le residue possibilità di avere un figlio a quelle coppie che hanno già visto fallire un tentativo di concepimento naturale o di fecondazione assistita tradizionale (omologa).

Troppo poche le donatrici di ovociti in Italia

Nel nostro Paese, negli ultimi due anni, è aumentato il ricorso agli ovociti donati. Ma non è cresciuto il numero di donatrici. «La carenza di giovani donne (la legge pone un limite a 35 anni, ndr) disposte a sottoporsi alla procedura di stimolazione e prelievo di ovociti per donarli ad altre donne genera una forte dipendenza dell’Italia dall’estero per l’ottenimento di ovociti», afferma il ginecologo Mauro Filicori, presidente dell’associazione Cecos Italia, che ha appena concluso il suo congresso a Bologna. Gli ovociti impiegati in Italia provengono spesso dalla Spagna, che rimane tutt’oggi un punto di riferimento per il nostro Paese.

Il nodo dei rimborsi

Due le ragioni principali. Il primo è un fattore fenotipico, in quanto le donne spagnole hanno tratti somatici più simili alle donne italiane rispetto alle donne di altri Paesi. Il secondo è che in Spagna c’è un consistente numero di donatrici, fenomeno favorito soprattutto alla legislazione vigente in materia, che fra le altre cose, prevede un rimborso economico per le donatrici di ovociti.

«La mancanza della possibilità di rimborso costituisce un grande freno allo sviluppo della donazione di ovociti in Italia», prosegue l’esperto. In entrambi i casi - il discorso vale anche per gli uomini che donano gli spermatozoi - chi dona riceve uno screening completo sullo stato di salute e in particolare sulla salute riproduttiva. La donazione di ovociti, inoltre, non impatta in alcun modo sulla capacità riproduttiva della donatrice, la cui fertilità rimane invariata.

Tecniche e strumentazioni avanzate aumentano il successo della pratica clinica

Un fattore di enorme importanza per avere procedure ottimali e operare con alta qualità, rivestono le tecniche di congelamento, conservazione e trasporto di ovociti, spermatozoi ed embrioni. L’impiego di una tecnologia avanzata è determinante per ottenere embrioni di migliore qualità che offrono maggiori possibilità di gravidanza.

Con le corrette strumentazioni è infatti possibile coltivare gli embrioni in modo ottimale, dato rilevante poiché a seconda della maturità degli embrioni i risultati cambiano enormemente. Utilizzare embrioni sviluppati dopo cinque (blastocisti), anziché dopo tre giorni, significa avere embrioni con una potenzialità riproduttiva molto più elevata e operare in tal senso consente di ottenere risultati clinici decisamente migliori e del tutto sovrapponibili a quelli che si ottengono all’estero impiegando ovociti freschi.

In questo senso risultano fondamentali, oltre ai mezzi di coltura, i sistemi di incubazione, particolarmente quelli chiusi che consentono di seguire lo sviluppo dell’embrione in maniera ottimale e senza gli stress che possono limitarne lo sviluppo. Anche sul fronte del congelamento si è registrato un grosso miglioramento nell’ultima decade, passando dalle tecniche di congelamento lento alle tecniche di congelamento rapido.

«Oggi la pratica clinica prevede il congelamento attraverso la procedura di vitrificazione - una tecnica di congelamento immediato delle cellule o embrioni in azoto liquido - che aumenta notevolmente la qualità soprattutto degli ovociti crioconservati». Sul tema del trasporto, diversi studi recenti hanno mostrato come risulti ottimale il trasporto su strada (piuttosto che in aereo), all’interno di contenitori simili a quelli di laboratorio, ottimizza la qualità della conservazione.

L’età della donatrice fa la differenza

Infine, parlando della qualità nelle procedure e nella donazione, occorre ricordare come il fattore chiave della qualità della donazione sia l’età della donatrice: non esiste infatti un test in grado di valutare la qualità genetica degli ovociti pertanto l’unico parametro significativo rimane a tutt’oggi l’età della donatrice. «In Italia vi sono diversi centri di procreazione medicalmente assistita che lavorano ad alto livello e con risultati clinici del tutto sovrapponibili a quelli raggiunti negli altri paesi europei: questo contribuisce a ridurre la tendenza del turismo riproduttivo, che prima della sentenza della corte costituzionale del 2014 era la norma», chiosa Filicori.

Twitter @fabioditodaro

Articolo corretto il 22/02/2019 alle ore 06:00