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Il gomito del tennista o «tennis elbow» o più correttamente l’epicondilite consiste nell’infiammazione cronica dei tendini che legano l’omero al gomito: è un disturbo che si riscontra con grande frequenza nei giocatori di tennis, ma anche nei golfisti, negli schermitori, nei pianisti o negli operai che lavorano quotidianamente con il martello pneumatico. E’ determinato dal mantenere per molto tempo le braccia nella stessa posizione. Tende a comparire nella fascia di età 30-50 anni: inizialmente passa inosservato e viene confuso con la semplice stanchezza, si avverte dolore di tipo puntorio che dal gomito si irradia all’avambraccio e alla mano, ma poi scompare dopo una notte di riposo.

Con il tempo, però, il dolore comincia a essere costante e rende difficile allenarsi, ma anche svolgere gesti del tutto quotidiani come lavarsi i denti, sollevare una bottiglia, stingere una mano o scrivere. Proprio a questa patologia il professor Rodolfo Lisi, uno dei maggiori esperti delle lesioni legate alla pratica sportiva del tennis, ha dedicato un intero volume dal titolo «Gomito del tennista Valutazione e trattamento (Ghedimedia 2016)».

Patologia di impatto sociale

«L’INAIL riconosce a questo problema effetti invalidanti se causato da lavorazioni svolte in modo non occasionale, che comportano movimenti ripetuti, mantenimento di posture incongrue e impegno di forza (malattie da sovraccarico biomeccanico degli arti superiori) – chiarisce il professor Lisi che puntualizza anche come- Nella popolazione generale, l’epicondilite colpisce in uguale misura uomini e donne, anche se alcuni studi riportano una maggiore incidenza per il sesso femminile».

Il disturbo in pratica è determinato da un superuso dell’articolazione che determina, nel corso degli anni, degenerazione e lesione parziale del tendine con successiva formazione di tessuto cicatriziale che rende suscettibile il tendine stesso, di ulteriori rotture. Il problema è tanto più comune quanto più il gesto atletico o lavorativo che sia, viene svolto scorrettamente, ecco perché il disturbo tende a essere più comune fra chi pratica il tennis o le altre attività, in maniera non professionale.

Gestione del disturbo

La diagnosi si effettua come spiega ancora il professor Lisi «Avvalendosi di ecografia e risonanza magnetica al fine di accertate la presenza di infiammazione tendinea associata o meno, più tardivamente, a piccole calcificazioni meglio visibili alle radiografie. La terapia chirurgica è raccomandata solo in caso di insuccesso dei trattamenti medici e strumentali. Dapprima è fondamentale trattare l’infiammazione (tramite somministrazione per os di farmaci antinfiammatori) quindi si passa al processo riabilitativo volto a restituire l’elasticità muscolare e il ripristino dell’articolazione omero-radiale al fine di aumentare la forza e la resistenza muscolare».

Questo processo di tipo riabilitativo è molto delicato e va a buon fine solo se chi ci si sottopone capisce gli errori di postura che commette e si adopera per non ripeterli; in caso contrario la patologia è destinata a recidivare.

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