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L’EMDR (acronimo che sta per Eye Movement Desensitization and Reprocessing), è una tecnica usata in ambito di psichiatria e psicoterapia riconosciuta come pratica efficace per contrastare l’insorgere di sintomi post- traumatici, pensieri intrusivi, insonnia conseguente a grandi shock, etc.

Viene usata primariamente per i casi di cosiddetto trauma con la “T Maiuscola”, ovvero grandi traumi singoli (uno shock anafilattico, un singolo attacco di panico potente, un singolo incidente, etc.).

QUANTI SONO CONVINTI DELLA SUA EFFICACIA

A proposito della sua scientificità e della sua validità come pratica medica, è in corso un dibattito acceso tra chi vede l’EMDR come uno strumento che trova la sua efficacia nel potere suggestivo che esercita (e quindi senza peso in termini scientifici) e chi invece lo decanta come nuova tecnica in ambito psichiatrico destinata a grandi successi clinici.

E’ indubbio che psicotraumatologi di fama mondiale (come Bessel Van Der Kolk, olandese), ne appoggiano e consigliano l’utilizzo, a partire da risultati ottenuti nella propria attività di psicoterapeuti e psichiatri.

COME FUNZIONA LA TECNICA

La tecnica prevede un protocollo standardizzato, con delle domande specifiche a proposito del trauma (il suo svolgersi, il contesto, le immagini più pesanti, i pensieri su di sé prodotti in quell’occasione, etc.), seguite da una “stimolazione bilaterale” che viene fatta o facendo seguire al paziente il movimento di due dita (del terapeuta) che passano di fronte al suo volto orizzontalmente, oppure attraverso un tamburellamento ritmico e alternato effettuato dal terapeuta sulle ginocchia o sulle mani del paziente.

Si torna poi a una parte verbale, chiedendo spiegazioni su come il paziente si senta (in modo molto aperto e libero), si torna a focalizzare sulle immagini relative al trauma e si riprocede a una stimolazione bilaterale, in una sequenza dalla durata variabile.

RIATTIVAZIONE DELLE MEMORIE TRAUMATICHE

Dei sintomi post-traumatici, la parte peggiore dell’esperienza è la riattivazione delle memorie traumatiche, che faticano ad essere elaborate e collocate nel passato: permangono come pietre dure nel flusso dei ricordi, come intaccate dal tempo. Ogni qualvolta vengano evocate, il paziente rivive (verbo importante e preciso, che denota un’esperienza differente da quella del semplice ricordare) in pieno il trauma, con il corrispettivo attivarsi allarmato del corpo, imprigionato dal ricordo stesso. Quindi sudorazione, tachicardia, panico, ansia forte che cresce, senso di impazzire e tendenza della mente a dissociare, cioè a “scollarsi” dal momento presente precipitando in un vuoto simile a quando, come si dice nel linguaggio comune, ci si “incanta”.

MECCANISMO DI AZIONE

L’EMDR pare efficace per contrastare questa riattivazione forte del corpo, perchè sembra aiutare a elaborare le memorie che precedono questa stessa riattivazione. Esistono alcune ipotesi che sono state formulate per spiegare il suo funzionamento:

QUATTRO MOTIVI PER CUI FUNZIONA

1)L’ipotesi integrativa, per cui il ricordo traumatico verrebbe trasferito da un emisfero all’altro del cervello, trovando un’elaborazione più ampia e armonica.

2)L’ipotesi del doppio distrattore, per cui “distrarre” la memoria somatica (quella che conduce a una forte attivazione del corpo al momento del ricordo del trauma) mantenendo il focus dell’attenzione sul corpo o sull’esterno (seguendo il movimento delle dita o percependo il tocco sulle ginocchia), consentirebbe al ricordo traumatico di tornare alla mente senza provocare scompensi fisici, per poi quindi essere “visto” e infine elaborato.

3)L’ipotesi connessa al movimento dei bulbi oculari, che è stato osservato essere presente anche durante la fase REM del sonno (il momento del sogno). In questo caso un effetto benefico dell’EMDR potrebbe essere connesso al sollecitare questo tipo di movimento. Questa ipotesi trova poca credibilità soprattutto visti i risultati clinici ottenuti da altre forme di stimolazione bilaterale, come i tamburellamenti sulle ginocchia.

4)L’ipotesi dell’esposizione immaginativa, che assimilerebbe la tecnica a quella di “desensibilizzazione espositiva” (che viene usata per trattare i disturbi di natura fobica): esponendoci progressivamente alla nostre paure, il potere che quelle immagini hanno su di noi, progressivamente cala. L’EMDR in questo caso sarebbe una sorta di evoluzione di questa tecnica, essendo meno guidata dal terapeuta, più libera e flessibile.

In questo studio pubblicato sul British Journal of Psychiatry , viene effettuata una meta-analisi (cioè una ricapitolazione di altre analisi) riferita agli studi scientifici che, a partire dal 1991 fino al 2013, hanno indagato l’efficacia della tecnica EMDR a riguardo dei sintomi cosiddetti post-traumatici (conseguenti, per l’essere umano, a traumi gravi come cataclismi, abusi, incidenti mortali, etc.).

I risultati parlano chiaro evidenziando un’efficacia che è a tutt’ora sapere comune nella società psichiatrica e psicoterapeutica, ma di cui non si capiscono fino in fondo le ragioni scientifiche, e quale delle ipotesi prima elencate sia la più plausibile. La questione resta quindi aperta.

Un articolo inglese che approfondisce molto e con cura l’argomento, si trova qui. E qui ulteriori approfondimenti

Raffaeleavico.it

Fb: Raffaele Avico, Psicologo Clinico

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