Gli ipertesi lo sanno: dalla liquirizia è meglio che si tengano lontani. Un consiglio che, d’ora in avanti, potrebbero sentire rivolgersi anche le donne in gravidanza. Il problema, in questo caso, non è rappresentato dall’aumento della pressione arteriosa. Sotto accusa è finita la glicirrizina, un dolcificante estratto dalla radice della pianta che potrebbe condizionare lo sviluppo del sistema nervoso del nascituro.

Tutta colpa della glicirrizina?

La notizia giunge da una ricerca pubblicata sull’«American Journal of Epidemiology» da un gruppo di epidemiologi dell’università di Helsinki, che hanno riconsiderato una coorte di 1049 coppie di mamme finlandesi coi rispettivi bambini, tutti nati nel 1998. Lo stesso gruppo era stato osservato all’inizio del secolo per valutare come l’esposizione alla glicirrizina durante la gravidanza, rilevata attraverso i dati inseriti in un diario alimentare, potesse influenzare il peso alla nascita del bambino e la pressione sanguigna materna. In quel caso la risposta era stata confortante: non erano emersi «link» significativi tra il consumo di liquirizia e i due parametri osservati. Lo stesso campione di persone è stato osservato a tredici anni di distanza, con un altro obiettivo: valutare se la glicirrizina possa influenzare lo sviluppo del sistema nervoso, trattandosi di una sostanza che aumenta i livelli di cortisolo, l’ormone dello stress.

Conseguenze per la memoria e il ragionamento

I risultati, in questo caso, sono stati meno rassicuranti. Gli autori dello studio hanno analizzato i dati di circa 400 bambini dal momento della nascita fino a 13 anni e ne hanno valutato lo stato di salute in relazione alla quantità di liquirizia consumata dalle loro mamme durante la gestazione. I bambini sono stati suddivisi in due gruppi: quelli nati da donne con un consumo fino a 250 grammi di liquirizia a settimana e quelli nati da donne con un consumo settimanale inferiore ai 250 grammi o addirittura nullo. I bambini nati da donne con un grande consumo di liquirizia avevano ottenuto punteggi più bassi durante l’esecuzione di test di memoria e ragionamento e si sono mostrati, rispetto a quelli nati da madri con un basso consumo, tre volte più propensi a sviluppare deficit dell’attenzione e iperattività.

Ma il risultato richiede altre prove

Trattandosi di uno studio epidemiologico, non mirato dunque a valutare l’azione di una causa (la liquirizia) e l’effetto (il danno sulla memoria e il ragionamento), il collegamento fra il consumo di liquirizia e lo sviluppo di problematiche non è matematico. I ricercatori dell’Università di Helsinki segnalano però una relazione che dovrà essere approfondita e che invita a un atteggiamento preventivo. Durante la gravidanza, meglio non eccedere con il consumo di alcuna sostanza, anche quelle apparentemente innocue e naturali.

Twitter @fabioditodaro


Alcuni diritti riservati.

vai all'articolo originale >>