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Molti studi concordano nel rilevare un legame tra inquinamento dell’aria e mortalità del Covid. Capire la natura di questa associazione è l’obiettivo di «Rescop» (acronimo per “Gruppo di ricerca sul Covid-19 e il particolato”), task force internazionale costituita su proposta della SIMA Società Italiana di Medicina Ambientale per studiare la presenza del coronavirus sul particolato atmosferico delle città più colpite. Il gruppo, coordinato dalla Sima, al momento è composto da una quarantina ricercatori provenienti da prestigiose università di tutto il mondo già al lavoro per l’ottenimento di evidenze scientifiche utili alla ripartenza e nel caso di eventuali nuove ondate. Il team multidisciplinare è composto da clinici, epidemiologi, infettivologi, virologi, genetisti, chimici dell’ambiente, biochimici, tossicologi, ingegneri ambientali, modellisti e statistici.

Dice il presidente della SIMA Alessandro Miani dell’Università degli Studi di Milano: «Siamo soddisfatti perché con l’appello lanciato da SIMA – dopo la pubblicazione del primo ‘Position Paper’ sul possibile legame tra inquinamento-COVID-19 e l’annuncio del riscontro del genoma del nuovo coronavirus sul particolato atmosferico di Bergamo grazie alle analisi eseguite dal professor Pallavicini e dal collega Ruscio a Trieste - siamo evidentemente riusciti a stimolare le istituzioni ambientali e sanitarie nazionali a interessarsi al fenomeno, ma soprattutto perché il nostro invito è stato accolto con entusiasmo da molti scienziati di ogni parte del mondo, disposti a verificare la nostra ipotesi di ricerca senza pregiudizi, in puro spirito di amore per la verità. Siamo di fronte a un esempio concreto di profonda comprensione di quella che è la mission etica della ricerca, sempre al servizio del bene comune e della salute delle persone».

La Sima fa sapere che, oltre a Milano, Bergamo e Napoli, sono già in corso test indipendenti a Madrid, Barcellona, Bruxelles, Londra e New York. Il team verificherà la presenza del virus nel particolato e potrà eseguire possibili prove di vitalità e virulenza da svolgersi in laboratori di virologia di massima sicurezza, condizione garantita dal centro di ricerca internazionale d’Ingegneria Genetica e Biotecnologia delle Nazioni Unite (ICGEB) di Trieste, diretto da Alessandro Marcello, e dal Centro di Biologia Molecolare Severo Ochoa di Madrid, guidato da Antonio Alcami. «Numerosi i ricercatori italiani coinvolti, con l’obiettivo di sviluppare un protocollo analitico internazionale in base al quale poter confermare o escludere la presenza dell'RNA SARS-CoV-2 sul particolato in diverse città colpite da epidemie di COVID-19 e possibilmente avviare una valutazione specifica della vitalità e virulenza dei virus eventualmente riscontrati sulle polveri sottili» sottolineano Leonardo Setti dell’Università Alma Mater di Bologna e Gianluigi De Gennaro dell’Università di Bari Aldo Moro «Ulteriore obiettivo è quello di individuare applicazioni in ambito preventivo, come l’uso dei test sul particolato quale indicatore precoce di future recidive epidemiche, oltre ad approfondire i modelli di diffusione del virus in relazione ai parametri meteo climatici e d’inquinamento».

Nella Task Force, alcuni nomi famosi in tutto il mondo come l’epidemiologo John Ioannidis, Direttore del Meta-Research Innovation Center della Stanford University in California e Frank Kelly, a capo del Centro di Ricerca sull'inquinamento atmosferico dell’Imperial College di Londra. Tra gli atenei aderenti, Harvard, Columbia University di New York, Mount Sinai Hospital, University of Californa a Los Angeles, Università Complutense di Madrid, Università di Bruxelles, Università di Oxford, Imperial College di Londra, Istituto di Global Health di Barcellona, Università di Reus, Università di Rio Grande Do Norte in Brasile, Australia's Global University di Sidney, Università di Nagasaki, Università di Dali - Yunnan in Cina, Università di Ginevra. Per l’Italia, Università di Trieste, Federico II di Napoli, Università di Roma “Tor Vergata”, Università di Torino e CNR-ISASI.

Molti studi concordano nel rilevare un legame tra inquinamento dell’aria e mortalità del Covid. Capire la natura di questa associazione è l’obiettivo di «Rescop» (acronimo per “Gruppo di ricerca sul Covid-19 e il particolato”), task force internazionale costituita su proposta della SIMA Società Italiana di Medicina Ambientale per studiare la presenza del coronavirus sul particolato atmosferico delle città più colpite. Il gruppo, coordinato dalla Sima, al momento è composto da una quarantina ricercatori provenienti da prestigiose università di tutto il mondo già al lavoro per l’ottenimento di evidenze scientifiche utili alla ripartenza e nel caso di eventuali nuove ondate. Il team multidisciplinare è composto da clinici, epidemiologi, infettivologi, virologi, genetisti, chimici dell’ambiente, biochimici, tossicologi, ingegneri ambientali, modellisti e statistici.

Dice il presidente della SIMA Alessandro Miani dell’Università degli Studi di Milano: «Siamo soddisfatti perché con l’appello lanciato da SIMA – dopo la pubblicazione del primo ‘Position Paper’ sul possibile legame tra inquinamento-COVID-19 e l’annuncio del riscontro del genoma del nuovo coronavirus sul particolato atmosferico di Bergamo grazie alle analisi eseguite dal professor Pallavicini e dal collega Ruscio a Trieste - siamo evidentemente riusciti a stimolare le istituzioni ambientali e sanitarie nazionali a interessarsi al fenomeno, ma soprattutto perché il nostro invito è stato accolto con entusiasmo da molti scienziati di ogni parte del mondo, disposti a verificare la nostra ipotesi di ricerca senza pregiudizi, in puro spirito di amore per la verità. Siamo di fronte a un esempio concreto di profonda comprensione di quella che è la mission etica della ricerca, sempre al servizio del bene comune e della salute delle persone».

La Sima fa sapere che, oltre a Milano, Bergamo e Napoli, sono già in corso test indipendenti a Madrid, Barcellona, Bruxelles, Londra e New York. Il team verificherà la presenza del virus nel particolato e potrà eseguire possibili prove di vitalità e virulenza da svolgersi in laboratori di virologia di massima sicurezza, condizione garantita dal centro di ricerca internazionale d’Ingegneria Genetica e Biotecnologia delle Nazioni Unite (ICGEB) di Trieste, diretto da Alessandro Marcello, e dal Centro di Biologia Molecolare Severo Ochoa di Madrid, guidato da Antonio Alcami. «Numerosi i ricercatori italiani coinvolti, con l’obiettivo di sviluppare un protocollo analitico internazionale in base al quale poter confermare o escludere la presenza dell'RNA SARS-CoV-2 sul particolato in diverse città colpite da epidemie di COVID-19 e possibilmente avviare una valutazione specifica della vitalità e virulenza dei virus eventualmente riscontrati sulle polveri sottili» sottolineano Leonardo Setti dell’Università Alma Mater di Bologna e Gianluigi De Gennaro dell’Università di Bari Aldo Moro «Ulteriore obiettivo è quello di individuare applicazioni in ambito preventivo, come l’uso dei test sul particolato quale indicatore precoce di future recidive epidemiche, oltre ad approfondire i modelli di diffusione del virus in relazione ai parametri meteo climatici e d’inquinamento».

Nella Task Force, alcuni nomi famosi in tutto il mondo come l’epidemiologo John Ioannidis, Direttore del Meta-Research Innovation Center della Stanford University in California e Frank Kelly, a capo del Centro di Ricerca sull'inquinamento atmosferico dell’Imperial College di Londra. Tra gli atenei aderenti, Harvard, Columbia University di New York, Mount Sinai Hospital, University of Californa a Los Angeles, Università Complutense di Madrid, Università di Bruxelles, Università di Oxford, Imperial College di Londra, Istituto di Global Health di Barcellona, Università di Reus, Università di Rio Grande Do Norte in Brasile, Australia's Global University di Sidney, Università di Nagasaki, Università di Dali - Yunnan in Cina, Università di Ginevra. Per l’Italia, Università di Trieste, Federico II di Napoli, Università di Roma “Tor Vergata”, Università di Torino e CNR-ISASI.