Oltre ad essere architetto, biologo, artista, botanico, fisico, geologo, ingegnere, meccanico, filosofo, Leonardo da Vinci esplorò anche approfonditamente il corpo umano che riteneva essere la più perfetta delle macchine che tanto lo affascinavano.

Al Leonardo anatomista, l’Accademia di Storia dell’Arte Sanitaria di Roma ha dedicato un convegno presso la Sala Alessandrina del Santo Spirito, l’ospedale più antico del mondo, cui la Asl Roma 1 sta dedicando un importante restauro, quello delle Corsie Sistine, che riguarda oltre 500 mq di affreschi.

Tra quelle venerabili mura, con buone probabilità, Leonardo, tra il 1508 e il 1513 analizzò e disegnò gli organi interni del corpo umano, tra cui soprattutto il cuore e la circolazione sanguigna intuendo anche gli effetti su di esso dell’invecchiamento e dell’arteriosclerosi.

 

 

L’ospedale Santo Spirito a Roma

1.Fondatore della disciplina

«Quest’ultima parentesi romana – spiega Gaspare Baggieri, conservatore del Museo di Storia dell’Arte Sanitaria - completò i suoi studi anatomici: tra 1480 e ‘90 aveva infatti studiato a Milano i muscoli e le ossa; a Firenze, tra il 1502 e il 1507 si era occupato della meccanica del corpo. Riteneva che tutte le vene e arterie nascessero dal cuore perché, come nella radice di una pianta, le più grosse sono in vicinanza del muscolo cardiaco e si espandono in ramificazioni sempre più sottili. Gli studi di botanica fuorviarono Leonardo anche nella comprensione della circolazione sanguigna che assimilò a quella della linfa nelle piante.

Se Leonardo non ebbe grande influenza sulla scuola romana di anatomia, dominata all’epoca da Bartolomeo Eustachio (attivo all’ospedale della Consolazione), la ebbe però a livello specifico per lo studio della fisiologia del cuore. Inoltre, insieme allo scienziato fiammingo Andrea Vesalio, Leonardo pose le basi per inquadrare la disciplina dell’anatomia evidenziando lo studio degli apparati presi separatamente: l’apparato osseo, cardiovascolare, muscolare etc».

 

 

 

 

2.Italia patria dell’anatomia

Dopotutto, è specialmente in Italia (dove sorsero le prime università) che nacque la «Notomia» affermandosi come nuova disciplina. Le prime dissezioni pubbliche di corpi umani, ebbero luogo nel ‘300 a Bologna, sotto i ferri di Mondino de’ Liuzzi, poi a Montpellier, Padova, Firenze e Parigi. Eppure, dissezionare un corpo umano, era da sempre stato considerato una profanazione: già Aristotele nel suo trattato di anatomia comparata raccomandava di sezionare soprattutto corpi di animali, consiglio poi seguito da Galeno, medico di Pergamo, che si applicò su scimmie e maiali, considerati più simili all’uomo.

 

3.Anatomista e disegnatore

Molti anatomisti si servivano degli artisti per ritrarre gli organi esposti. Per Vesalio questo comportava non di rado contrasti e discussioni. Come scriveva in alcune note autobiografiche, scritte all’età di 32 anni: “Non terrò in camera per diverse settimane cadaveri riesumati oppure offertimi dopo una pubblica esecuzione, e non tollererò il caratteraccio degli scultori e dei pittori, per me fonte di pena più grande dei corpi morti che sono oggetto delle mie esercitazioni anatomiche. Pur essendo troppo giovane per trarre un guadagno economico da quest’arte, ho sopportato con prontezza e di buon animo tutto ciò, spinto dal desiderio di assimilare e far progredire le nostre comuni conoscenze».

Leonardo invece, artista egli stesso e padrone assoluto del disegno dal vero, non aveva questo problema: fu così l’inventore dell’illustrazione anatomica vera e propria, divenendo il primo a rappresentare anche l’immagine “esplosa”, metodo illustrativo utilizzato ancora oggi.

4.Il Codice Windsor

 

 

La maggior parte dei fogli anatomici di Leonardo si trova nel Codice Windsor che è conservato nel castello della Casa Reale inglese. Tra questi, i più mirabili sono quelli dedicati ai feti prima della nascita, che all’epoca fecero grande scalpore per il loro realismo. In uno di questi, Leonardo propone un precisissimo spaccato dell’utero umano con il feto provvisto di cordone ombelicale. Gli altri disegni rappresentano il flusso del sangue dalla placenta della madre al bambino. Leonardo cercò sempre di comprendere e restituire il miracolo della vita umana, dal suo concepimento al completo sviluppo prima del parto.

Prima di allora, si poteva soltanto immaginare come fosse il bambino allo stato fetale. Immersi come siamo, oggi, nel mondo dell’immagine, dove i microscopi elettronici e i telescopi ci offrono fotografie del più piccolo microcosmo come delle galassie più lontane, difficilmente riusciamo a comprendere il ruolo che aveva nel Rinascimento l’immagine riprodotta dall’artista, l’unica possibile.

 

 

5.Roma ultimo soggiorno italiano

La proibizione di papa Leone X alle dissezioni di Leonardo è parsa ad alcuni un motivo valido per la sua partenza da Roma per la Francia.

Piuttosto, secondo Gianni Iacovelli, presidente dell’Accademia d’Arte Sanitaria: ”A Roma Leonardo non si sentiva realizzato. Il papa aveva concentrato, nella capitale della Cristianità, i geni più alti dell’arte del suo tempo: Michelangelo Buonarroti, il giovane Raffaello, Giuliano da Sangallo, con i quali ebbe legame di simpatia e di cordiale amicizia, come Raffaello Sanzio, ma anche controversie e contrasti, come con il Buonarroti. Era mancato, a Roma, quel clima di solidale, proficua attività che aveva caratterizzato invece il suo soggiorno milanese, alla Corte del Moro, quando con Bramante e Luca Pacioli aveva contribuito a creare non solo un profondo mutamento delle arti e della scienza, ma anche degli stessi modelli di vita. Con la morte di Giuliano de’ Medici, fratello del papa, gli venne meno, oltre che la principale protezione, anche un fondamentale motivo di interesse”.

6.La delazione e l’addio a Roma

Vi fu anche un episodio spiacevole. Giuliano de’ Medici, che aveva incaricato Leonardo di seguire un progetto sul riscaldamento delle cisterne tramite specchi ustori, gli aveva messo accanto due assistenti tedeschi, un certo Giorgio, fabbro e Giovanni degli Specchi, vetraio. Leonardo li considerava degli incapaci, forse delle spie, messegli alle costole per riferire ogni cosa a suo danno. Probabilmente furono i due tecnici tedeschi a inviare una lettera anonima nella quale si accusava Leonardo di stregoneria. Insomma, il clima era diventato pesante e il genio, ormai anziano, aveva bisogno di serenità. Accettò l’invito del re di Francia e partì da Roma nel tardo autunno del 1516, o forse nella primavera successiva. Gli ultimi anni saranno i più sereni della sua vita, presso il castello di Clos-Lucé, vicino Amboise confortato da una pensione di 5000 scudi concessa dal re Francesco I. Qui morirà il 2 maggio del 1519 .

Trent’anni prima aveva scritto nel suo Trattato della pittura: «Sì come una giornata bene spesa dà lieto dormire, così una vita bene usata dà lieto morire».

 
 

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