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Nel 2016 fu presentata una proposta di legge che spingeva in direzione della legalizzazione controllata e della depenalzzazione dei reati connessi alla detenzione e all’uso di cannabis a fini ricreativi.

La situazione è in stallo, e il dibattito continua: i vantaggi di un movimento di legge di questo tipo sarebbero innanzitutto economici, come è ben espresso nella proposta di legge presentata. I riferimenti ai possibili danni per la salute fisica e psichica, tuttavia, sono evasivi e non approfonditi, vista la lacuna di evidenze di cui la stessa ricerca scientifica soffre da sempre a proposito di questo punto.

Facciamo dunque il punto su tutto ciò che ad oggi si sa sulla cannabis

1) È UNA SOSTANZA «DISSOCIATIVA»: PRODUCE EFFETTO DI «STONO»

La cannabis è da ascrivere alla categoria delle sostanze dissociative, insieme agli allucinogeni più comuni come LSD, Ketamina, Mescalina, ecc. In effetti l’effetto prodotto dal THC (il principio attivo della cannabis) non è un effetto nè narcotico (come quello indotto da sostanze oppioidi come l’eroina), nè euforizzante /eccitante (come ricercato da chi usa cocaina). E’ un effetto di «stono» dissociativo in cui la mente viene distratta da sè stessa.

2) DIPENDENZA FISICA

La cannabis non produce dipendenza fisica

3) I SUOI EFFETTI VARIANO A SECONDA DI COME LA SI USA

L’uso di cannabis diventa problematico a seconda di quanto la si utilizzi e in che modo. L’uso ricreativo/saltuario sta da un lato del continuum: l’utilizzo compulsivo/autoterapeutico dall’altra parte di questa linea immaginaria. E’ differente cioè usare cannabis in modo socializzante e contestuale, dall’usarla in modo compulsivo e per risolvere/curare malesseri psicologici di varia natura.

4) SE USATA DA GIOVANISSIMI MODIFICA ALCUNE FUNZIONI ESECUTIVE

L’uso prolungato e cronico di cannabis in età delicate del neurosviluppo (per esempio in età adolescenziale, quindi dai 12 ai 20 anni), conduce a modificazioni in termini di performance in quelle che sono definite funzioni «pre-frontali». Le funzioni cognitive garantite dalla corteccia pre-frontale sono le funzioni esecutive: capacità di organizzazione, senso di orientamento e capacità progettuale. Questo vuol dire che un uso prolungato di cannabis conduce a difficoltà nell’auto-organizzazione e nell’auto-determinazione.

5) INIBISCE LA SPINTA A PROGETTI DI VITA

E’ stata identificata la sindrome «amotivazionale da cannabis» per descrivere la scarsa motivazione nel portare avanti progetti di vita, osservata in consumatori abituali.

6) DIFFICILE MANTENERE VIVA L’ATTENZIONE

L’uso prolungato e compulsivo di cannabis modifica l’uso della memoria a breve termine: si fa più fatica a ricordare eventi da poco accaduti, o nel tenere a mente sequenze più o meno lunghe di elementi; l’attenzione viene inoltre tenuta a fatica. Questione centrale è se esistano o meno degli strascichi permanenti, e in quale misura, una volta raggiunta l’astinenza prolungata.

7) PERFORMANCE COGNITIVE COMPROMESSE

Dopo un certo periodo di astinenza continuata, le performance di memoria sembrano migliorare; quelle legate invece all’attenzione (la difficoltà di focalizzare e tenere l’attenzione focalizzata su un determinato compito) permangono deficitarie. Questo indica che l’uso cronico di cannabis ha un impatto indiscusso sulle performance cognitive: alcune di queste verrebbero modificate tuttavia in modo temporaneo, altre in modo permanente.

EFFETTI COLLATERALI

Esistono inoltre degli effetti collaterali che potremmo definire come l’incontro tra un certo tipo di personalità, e l’uso di cannabis. In particolare nei ragazzi adolescenti, esistono quote di rabbia/aggressività fisiologiche che spesso trovano sfogo in attività sportive/creative. La cannabis, usata per placare vissuti di forte attivazione corporea (quindi aggressività, ma anche ansia forte), sembra in qualche modo «sporcare le acque» senza però riuscire a fornire una vera direzione di sfogo a questi stati di concitazione corporea.

In conclusione, sappiamo che usare cannabis in modalità «hard-core», altera le performance cognitive e conduce a quella che è stata definita sindrome amotivazionale. Queste variazioni, tuttavia, non sembrano essere definitive (con l’eccezione delle performance di attenzione -si confronti l’articolo in seguito linkato), soprattutto quando l’uso di cannabis massivo non avviene in fasi delicate dello sviluppo cerebrale.

Un approfondimento autorevole lo troviamo in questo articolo del 2014. Qui vengono osservate le ripercussioni sul cervello dell’uso di cannabis; vi si trova anche una completa disamina degli articoli che hanno indagato a fondo gli effetti a lungo termine dell’uso continuato di cannabis.

raffaeleavico.it

Fb: Raffaele Avico, Psicologo Clinico

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