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Si dice spesso che i parenti non si possono scegliere ma per fortuna gli amici sì. Sono spesso imperscrutabili le ragioni per cui ricerchiamo la compagnia di alcune persone e complessi meccanismi stanne alla base dei nostri gusti personali. Ebbene, certe preferenze farebbero la loro comparsa molto presto. Lo dimostra uno studio apparso su Cognitionsulle dinamiche tra bambini in età prescolare e la loro precoce sensibilità alla selettività sociale.

Ad inserire la musica in quel complesso gioco di intrecci tra predisposizioni innate e cultura, che essa indaga da tempo, è stata Elizabeth Spelke dell’Università di Harvard, una delle più celebri studiose dei processi cognitivi in età evolutiva. L’esperimento consisteva nel far ascoltare a bambini di 4-5 anni due diverse melodie, presentandole come le preferite di altri due bambini i cui volti comparivano sullo schermo di un computer contemporaneamente alla musica. Dei due motivetti ascoltati, solamente uno era noto ai piccoli soggetti impegnati nel test. Alla domanda “di chi vorresti diventare amico” essi indicavano sempre il bambino la cui canzone preferita era proprio quella nota anche a loro.

Incuriositi, i ricercatori si sono chiesti se questo avesse a che fare in qualche modo con la tradizione musicale, più o meno fedele alla cultura di appartenenza dei bimbi. Dall’esperimento, è emerso che le convenzioni ritmiche e melodiche non contano affatto nella scelta, basata unicamente sulla familiarità o estraneità del motivetto.

E, sorprendentemente, ciò rimane vero indipendentemente dalla condivisione dei gusti personali, che paiono non avere alcun ruolo nel determinare la nascita di un’amicizia. Infatti, tra un bambino che, pur avendo mai sentito la canzone preferita dall’intervistato, dichiara di trovarla bellissima e un altro bambino che preferisce una canzone nota ma sgradita all’intervistato, questi sceglierà comunque quest’ultimo. «Condividere il patrimonio di conoscenze sonore, anche se sgradite – commentano gli autori - è per i giovani esemplari della nostra specie più importante che avere gli stessi gusti».

La preferenza dei bambini per i coetanei che conoscono le stesse canzoni non stupisce la professoressa Ilaria Grazzani, responsabile del Gruppo di ricerca sullo sviluppo della social cognition e del Laboratorio di ricerca in psicologia dello Sviluppo dell’Università di Milano-Bicocca. «Fin da piccoli i bambini si trovano bene con chi condivide le loro stesse conoscenze, non solo relative alla musica, ma anche a molti altri aspetti che riguardano l’identità dell’individuo, come il modo di vestirsi, di parlare e di gesticolare». Questo, spiega Ilaria Grazzani, viene già utilizzato dagli psicologi per creare gli strumenti educativi che facilitino i legami tra bambini. Infatti, «condividere un repertorio cognitivo e sociale, fatto di conoscenze e di esperienze, crea un terreno comune e facilita l’instaurarsi di un dialogo già tra bambini in età prescolare ». E la comunicazione è fondamentale per lo sviluppo di capacità non solo lessicali e linguistiche, ma anche emotive e sociali, come la Grazzani spiega nel suo libro “La comprensione della mente nei bambini”, scritto insieme a Veronica Ornaghi. Poi, naturalmente, con l’età sopraggiungono altri fattori, come la comunanza di interessi, caratteri e passioni. Dopotutto, «gli adolescenti sono capaci di decisioni consapevoli», come scrivono nel loro studio Spelke e collaboratori, interessati ora a capire in che modo cambia l’effetto della musica nelle diverse fasi dello sviluppo.

Da adulti, infatti, le canzoni si possono apprendere in vari modi diversi dal contatto diretto. Cessano allora di essere un potente mezzo per abbattere le barriere tra esseri umani? Naturalmente, prediligere chi ha il nostro stesso bagaglio di conoscenze, ed è quindi presumibilmente parte del nostro gruppo sociale, è una tendenza dall’evidente vantaggio evolutivo per una specie come la nostra, bisognosa di cure per numerosi anni. Consente di aumentare la probabilità di non avvicinarsi ad un nemico e quindi di sopravvivere. Su questa tendenza, forgiata nel corso dell’evoluzione umana, a valutare potenziali partner sulla base delle conoscenze condivise, si baserebbe l’enorme potenza della cultura come forza unificante delle società umane.

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