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Chi l’ha detto che i vecchi antibiotici servono solo per curare le infezioni batteriche? Secondo uno studio del Dipartimento di Biologia e Biotecnologie dell’Università di Pavia, pubblicato dalla prestigiosa rivista Science Advances, alcune molecole potrebbero presto avere una seconda vita e aiutare la lotta al cancro. Gli scienziati italiani hanno infatti scoperto che la polimixina B e la polimixina E –antibiotici usati nel trattamento di infezioni antibiotico-resistenti- agiscono anche su alcuni meccanismi che, quando alterati, possono portare all’insorgenza di alcune forme tumorali.

L’idea non sembra delle più originali, eppure, osservando la crescita del fenomeno, appare come una delle nuove modalità di ricerca in campo farmacologico. Lo chiamano in gergo il «drug repositioning» ed è l’utilizzo di farmaci già in commercio per curare malattie diverse da quelle per cui sono stati progettati.

Avvenuti in maniera più o meno fortuita, come nel caso del Viagra, che veniva inizialmente somministrato a chi soffriva di angina pectoris, gli esempi di farmaci che hanno subito o subiranno presto un riposizionamento terapeutico sono numerosi. E, prevedibilmente, sono destinati a crescere. Un esempio potrebbe essere l’utilizzo degli antibiotici nella lotta ai tumori.

Lo studio dei ricercatori italiani ha infatti individuato che gli antibiotici polimixina B e polimixina E sono in grado di inibire la funzione della proteina cellulare istone demetilasi Lsd1. Si tratta di un complesso capace di regolare l’attività di alcuni geni coinvolti nella replicazione cellulare. Diverse ricerche hanno dimostrato che questa proteina potrebbe essere un nuovo bersaglio per la cura del cancro poiché quando non funziona a dovere aumenta la probabilità di sviluppo di un tumore. Non è un caso che allo stato attuale siano già diverse le molecole in sperimentazione che hanno come bersaglio proprio la istone demetilasi Lsd1.

Nella ricerca gli autori dello studio hanno dimostrato che la particolare struttura delle polimixine B ed E forma una «corona» in grado di interagire con l’istone demetilasi Lsd1 bloccandone l’attività. Attenzione però a male interpretare il risultato: il cancro va combattuto su più fronti. Se quanto scoperto verrà confermato in modelli in vivo il possibile utilizzo degli antibiotici nella lotta al cancro si affiancherà alle già provate cure a base di chemio, radio e immunoterapia.

In particolare la speranza è quella che gli antibiotici possano essere rivalutati per il trattamento simultaneo di infezioni batteriche nel contesto di altre patologie correlate all’istone demetilasi Lsd1, quali leucemia e tumori solidi.

Twitter @danielebanfi83

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