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cibernetica-attacchi-di-panicoLa paura è l'incertezza in cerca di sicurezza.

J. Krishnamurti

La leggenda narra che i guerrieri galli, discesi in Grecia alla ricerca di conquiste e ricchezze, arrivati alle porte di Parnasso, ove si adorava il dio della campagna, delle selve e dei pascoli Pan, furono investiti di fulmini e macigni, e si trovarono a combattere contro spettri spaventosi. Il terrore che ne seguì fu tale da indurre l'esercito gallico ad una ritirata precipitosa, remota origine della parola Panico.

Nei manuali psicodiagnositici (esempio cardine il DSM, Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) vengono definiti 'Attacchi di Panico' degli episodi di breve durata (solitamente scompaiono spontaneamente nell'arco di alcuni minuti), che includono una serie di reazioni neurovegetative quali sudorazione, tachicardia, asfissia, sudorazione, tremori, nausea e altri. Le paure tipicamente associate sono quelle di morire, di perdere il controllo, di avere un attacco di cuore o di impazzire (Clark, 1986). Lasciano la persona spossata e spesso, intimorita dall'eventualità di un ritorno dell'attacco.

Ansia: caratteristiche e involuzione di un'emozione

Come sottolineano Marks e Hesse (1994) ogni emozione, da un punto di vista evolutivo, è designata per svolgere una determinata funzione. La paura non è da meno, e specifiche tipologie di reazione ansiosa risultano adattive in determinate situazioni; ad esempio, l'evitamento e la fuga sono fondamentali di fronte ad un pericolo, il congelamento potrebbe ridurre il rischio di caduta da grandi altezze, aggressione e rabbia possono invece servire a neutralizzare uno sfidante.

Non nemici da sconfiggere, ma alleati nella sfida evoluzionistica, quindi. Ma allora? Dov'è il problema?

La situazione diventa problematica quando l'ansia si rivolge su sè stessa, intralciando e mandando infine in corto circuito le capacità autoregolatorie del sistema corpo/mente; invece di favorire i comportamenti e le reazioni più appropriati viene a costituirsi come un ostacolo che, qualora affrontato in modo non funzionale, cresce sino a diventare insormontabile. Nel tentativo paradossale di controllare volontariamente le spontanee risposte mentali e fisiologiche dell'ansia (Wegner et al, 1987 e Wegner, 1994), l'attenzione viene focalizzata verso l'interno in modo da neutralizzare ogni possibile indicatore iniziale di panico. La soglia attentiva si abbassa drasticamente, permanentemente all'erta e alla ricerca di possibili segnali di pericolo (interni ed esterni), che una volta trovati (e, almeno in questo caso, chi cerca trova), non faranno altro che...provocare altra ansia.

La Tentata Soluzione disfunzionale dell'evitamento, in questo caso, non mostra immediatamente il suo contributo al vorticoso strutturarsi del disturbo: inizialmente, infatti, permette un maggior senso di calma dovuto all'assenza di stimoli ansiosi, e solo dopo si verifica una progressiva contrazione delle possibilità di vita e di scelta dell'individuo. Di evitamento in evitamento, il 'raggio' di azioni e di spostamenti che la persona ha a sua disposizione diminuisce sempre più. Inoltre, la credenza in una imminente catastrofe ne risulta implicitamente rafforzata, dato che la percezione è quella di averla evitata per un soffio, proprio in virtù degli evitamenti messi in atto (Salkovskis et al., 1999). Il controllo che fa perdere il controllo dell'attacco di panico è il naturale corollario del paradosso del tentativo di indurre volontariamente uno stato sponteaneo, quale la calma. L'ansia di avere ansia, che fa salire l'ansia, diventa così un circuito cibernetico che avvitandosi su sè stesso dà origine all'attacco di panico (Nardone, 1999), come un impianto elettrico che cortocircuita fino al black-out. L'immagine metaforica in questo caso è quella del tiro alla fune che la persona instaura contro la sua ansia: più da un lato si tira verso la calma e la tranquillità, più le forze contrarie si rafforzeranno, raggiungendo i picchi delle reazioni panicanti.

Soluzioni

In Terapia Breve Strategica esistono particolari manovre terapeutiche in grado di contro-cortocircuitare in tempi brevi  gli attacchi, utilizzando tecniche di derivazione ipnotica legate allo spostamento del focus attentivo (Rampin, Nardone, 2002). In seguito, la persona viene portata a sperimentare come l'ansia sia un fenomeno paradossale, e in quanto tale alimentato dai tentativi di combatterla. In linea con i recenti sviluppi della terapia cognitivo-comportamentale, ci si focalizza sulla riduzione dell'evitamento, contemporaneamente alla gestione dell'ansia (Eifert, Effner, 2003), utilizzando l'accettazione e persino l'incoraggiamento delle risposte ansiose come via principe attraverso cui puntare al loro dissolversi.

Dott. Giacomo Crivellaro, Psicologo

a Firenze e Fidenza (PR)

Clark, D. M. (1986). A Cognitive Model of Panic. Behaviour Research and Therapy, 24, 461-470.

Chua, P. (June 01, 1999). A Functional Anatomy of Anticipatory Anxiety. Neuroimage, 9, 6, 563-571.

Eifert, G. H., & Heffner, M. (September 01, 2003). The effects of acceptance versus control contexts on avoidance of panic-related symptoms. Journal of Behavior Therapy and Experimental Psychiatry, 34, 293-312.

Marks, Isaac M., & Nesse, Randolph M. (1994). Fear and fitness: An evolutionary analysis of anxiety disorders. Elsevier.

Nardone, G. (1999). Paura, panico, fobie: La terapia in tempi brevi. Firenze: Ponte alle Grazie.

Norton, P. J., & Asmundson, G. J. G. (January 01, 2003). Amending the fear-avoidance model of chronic pain: What is the role of physiological arousal?. Behavior Therapy, 34, 1, 17-30.

Rampin, M., & Nardone, G. (2002). Terapie apparentemente magiche: L'analisi illusionistica dello stratagemma terapeutico. Milano: McGraw-Hill.

Salkovskis, P. M., Clark, D. M., Hackmann, A., Wells, A., & Gelder, M. G. (January 01, 1999). An experimental investigation of the role of safety-seeking behaviours in the maintenance of panic disorder with agoraphobia. Behaviour Research and Therapy, 37, 6, 559-74.

Wegner, D. M., Schneider, D. J., Carter, S., III, & White, L. (1987). Paradoxical effects of thought suppression. Journal of Personality and Social Psychology, 53, 5–13.

Wegner, D. M., & Zanakos, S. (1994). Chronic thought suppression. Journal of Personality, 62, 615–640.