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A cura del Dr Marcello Romeo

donna con emicraniaL'esperienza clinica, suffragrata ormai dai numerosi dati della letteratura scientifica internazionale, dimostra  il ruolo importante esercitato da alcuni alimenti nell'indurre o nell'esacerbare il quadro clinico della cefalea a causa del loro contenuto di particolari sostanze.

Già agli inizi degli anni '80 alcuni Ricercatori del Hospital for Sick Children di Londra hanno riportato i risultati delle loro osservazioni condotte su alcuni bambini affetti da severe e frequenti crisi emicraniche ed il ruolo di alcuni alimenti da essi assunti nello scatenare l'insorgenza di queste crisi. Lo studio, pubblicato successivamente su Lancet, dimostrò una notevole riduzione della frequenza e della gravità delle crisi dopo una precisa ed accurata eliminazione di alcuni cibi, definiti come alimenti trigger, dall'alimentazione abituale di questi bambini.

Anche negli adulti è stato dimostrato in  una percentuale compresa tra il 20% ed il 50% dei soggetti affetti da cefalea, una  riduzione del quadro clinico sia in termini di frequenza delle crisi sia in termini di durata e gravità delle stesse dopo l'eliminazione dalla dieta di specifici alimenti.

Ulteriori studi hanno confermato  successivamente che alcune sostanze sono in grado di agire direttamente su vasi sanguigni e nervi determinando l'insorgenza della crisi emicranica.

L'esperienza clinica maturata nel corso degli anni dimostra che alcuni alimenti possono essere responsabili di emicrania per un'azione vasodilatatrice o infiammatoria esercitata da alcune sostanze come nel caso dei tanniti presenti nel vino rosso, il glutammato presente nei dadi da brodo o il nichel presente nei pomodori, nel cacao, nel mais, o ancora come nel caso della solanina presente nelle comuni solanacee (peperoni, melanzane, patate).

L'assunzione di questi alimenti protratta nel tempo può essere responsabile,  in alcuni soggetti, dell'insorgenza di un processo infiammatorio indotto dalla presenza di uno stato di intolleranza alimentare.

Questa considerazione dimostra attivamente come, in alcuni casi, le intolleranze alimentari non sono responsabili, come spesso si crede, soltanto dell'insorgenza di manifestazioni gastrointestinali (gonfiore addominale, diarrea e/o stipsi) e dermatologiche (eczema, psoriasi, acne) ma anche di problematiche per le quali non esiste apparentemente una diretta correlazione.

In relazione a quanto detto, è ragionevole considerare l'opportunità di una precisa ed attenta valutazione dell'eventuale stato di intolleranza alimentare in presenza di attacchi emicranici non responsivi al trattamento terapeutico al quale si viene sottoposti e programmare una valida modificazione del profilo nutrizionale del paziente associata a specifica terapia biointegrata.

www.marcelloromeo.it