Alla base dei disturbi dello spettro autistico ci sono mutazioni genetiche che hanno l’effetto di alterare la funzionalità delle cellule cerebrali. Secondo una ricerca pubblicata sulla rivista Journal of Neuroscience, lo zinco avrebbe l’effetto di intervenire direttamente sulla funzionalità di queste cellule e potenzialmente invertire il percorso biologico avviato dalle mutazioni. A giungere a questa conclusione, destinata ad alimentare forti dibattiti nella comunità scientifica, è stato un gruppo di ricercatori neozelandesi dell’Università di Auckland, nell’ambito di uno studio internazionale che ha coinvolto anche scienziati statunitensi e tedeschi.
L’ORIGINE NELLE CELLULE CEREBRALI
Lo studio trae origine dalle più recenti scoperte compiute dai ricercatori neozelandesi, che hanno dimostrato la stretta connessione tra alcune modificazioni genetiche legate all’autismo e l’alterata capacità di comunicazione delle cellule cerebrali. Questo risultato ha spinto gli scienziati a cercare nuove vie per tentare di mantenere integre le funzioni neuronali e rendere reversibile il percorso innescato dai geni. «L’autismo è associato a modificazioni genetiche che si traducono in cambiamenti comportamentali. Ha inizio all’interno delle cellule, ciò che accade a livello comportamentale indica qualcosa che è andato storto a livello cellulare nel cervello», spiega la coordinatrice dello studio Johanna Montgomery, docente del dipartimento di fisiologia dell’Università neozelandese, secondo cui lo zinco avrebbe l’effetto di intervenire sulle cellule cerebrali e migliorarne la funzionalità.
UN LEGAME GIÀ IPOTIZZATO
Il legame tra zinco e disturbi dello spettro autistico non è nuovo alla ricerca. Alcuni studi internazionali hanno dimostrato, in passato, che lo zinco ha un effetto regolatorio sulle cellule cerebrali e che queste possiedono normalmente elevati livello di zinco. In uno studio pubblicato nel 2011 sulla prestigiosa rivista Scientific Reports, un gruppo di scienziati giapponesi ha evidenziato una generica carenza di zinco in un campione di 2 mila bambini affetti da autismo e disturbi simili, come la sindrome di Asperger. Tuttavia non è ancora dimostrato se gli eventuali deficit di zinco possano essere una possibile causa oppure una conseguenza del disturbo autistico. «La ricerca su modelli animali ha evidenziato che quando la madre è sottoposta a una dieta con bassi livelli di zinco, i figli mostrano con più probabilità comportamenti associati all’autismo» illustra Johanna Montgomery. «Il nostro lavoro dimostra che anche le cellule che portano con sé modificazioni genetiche associate all’autismo sono in grado di rispondere allo zinco» afferma la ricercatrice.
SCOPERTA UTILE ANCHE PER I DISTURBI PSICHIATRICI
Lo studio pubblicato sul Journal of Neuroscience si è focalizzato in particolare sulla proteina Shank3, localizzata nelle sinapsi delle cellule neuronali e associata a disturbi neuro-comportamentali come l’autismo o la schizofrenia. «I pazienti con modificazioni genetiche a livello della proteina Shank3 mostrano importanti deficit nella comunicazione e comportamentali. In questo studio abbiamo dimostrato che lo zinco può aumentare la comunicazione tra cellule che risulta compromessa dalle modificazioni genetiche legate all’autismo presenti nella proteina Shank3» spiega Johanna Montgomery, che sottolinea anche come questi risultati potrebbero avere importanti implicazioni sia nel caso di disturbi dello spettro autistico, sia nel caso di disturbi psichiatrici come la schizofrenia.
ANCORA PRESTO PER LE RACCOMANDAZIONI
Queste evidenze sono destinate ad aprire nuovi interessanti filoni di ricerca, tuttavia non devono portare a conclusioni affrettate sul piano della prevenzione o del trattamento dell’autismo. «Troppo zinco può risultare tossico, per questo è importante determinare i livelli ottimali per la prevenzione o il trattamento dell’autismo, così come determinare se lo zinco possa essere utile contro tutte le modificazioni genetiche che si manifestano nei pazienti con autismo» avverte Johanna Montgomery. Tutte buone ragioni per attendere i risultati di ulteriori studi volti a indagare ancora più a fondo il potenziale legame tra un elemento base della nostra dieta e i disturbi dello spettro autistico.
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