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The Guardian ha definito il progetto Shared Lives, presente su tutto il territorio del Regno Unito, come una delle 10 pratiche da adottare in futuro per cambiare il mondo in meglio.

Il progetto conta qualcosa come 12000 persone coinvolte, in altrettante famiglie. Consiste in una forma di accoglienza famigliare -pagata- per persone con difficoltà di varia natura, dalla malattia mentale alla disabilità psichica, ed è usufruito anche da persone anziane.

L’idea è che all’interno di famiglie che si rendano disponibili in termini di tempo e spazio (per esempio offendo una camera vuota di casa propria), vengano inseriti ospiti che trascorreranno un tempo definito all’interno di un ambiente accogliente e differente dalle normali strutture di accoglienza presenti sul territorio.

Negli ultimi 20 anni progetti di questo tipo sono nati in molti paesi europei (partendo dalla cittadina di Geel in Belgio, poi in Francia e Germania) arrivando anche in Italia nella forma dello IESA.

Shared Lives è una delle risposte offerte dalla sharing economy. Dove mancano le risorse, si organizzano forme di mutuo aiuto, a volte dando vita a servizi che rappresentano balzi in avanti in termini di pratiche sociali. Come succede anche per il nostrano IESA (attivo sul territorio dell’ASLTO3 da fine anni ’90), si tratta di produrre un’alternativa valida alla pratica del ricovero cronico e della lungodegenza in strutture protette. Le strutture, inoltre, sono genericamente estremamente dispendiose sia quando vi si acceda come privati (con rette che arrivano ai 6000€ al mese) che in termini di costi statali (la retta rimane uguale, ma viene pagata dall’Asl).

Progetti come Shared Lives riducono di molto i costi statali legati all’amministrazione clinica di pazienti con problematiche croniche, contemporaneamente facendo un atto di profonda intelligenza sociale. Immaginiamo per esempio il caso di un ragazzo con problematiche psichiche ospitato da una donna sola, come in questo breve video inglese. Come si osserva nel video, la «vita condivisa», in questo caso, prosegue da 20 anni, con vantaggi reciproci per entrambi.

Nel video è posta anche la questione della «purezza» dell’intento della signora ospitante, che di fatto riceve settimanalmente dai 200 £ ai 400 £ per la gestione dell’ospite.

Su questo punto anche in Italia ci si imbatte in pareri contrari, che interpretano l’atto di ospitare come un gesto fatto esclusivamente a fini economici. L’esperienza dei nostri operatori IESA, di fatto, ha osservato il contrario, con convivenze armoniche che trascendono dalle mere questioni di denaro. Il fatto che il servizio venga pagato, è un normale incentivo ad attivare la presa in carico e a riconoscerne il valore, a vantaggio della famiglia, dell’ospitato e anche della struttura sanitaria in sé, enormemente sgravata dal punto di vista economico (un ospite IESA può arrivare a costare allo Stato qualcosa in più di 1700 euro mensili, quando se lo stesso fosse residente in una struttura protetta, la sua permanenza potrebbe arrivare a costare 2/3 volte tanto, fino a un massimo si 6000€ al mese).

I NUMERI NEL REGNO UNITO

The Guardian ha quindi eletto Shared Lives e il modello di inserimento «famigliare», ottima pratica clinica che in futuro potrebbe allargarsi e diventare un modello ricorrente e diffuso. Nel Regno Unito si conta, per il continente europeo, il maggior successo di questo modello, con 12.000 casi attivi e un incremento del 27% di casi negli ultimi due anni (secondo il report del 2016) e un taglio del 4% di casi inseriti in strutture protette. L’obiettivo, stando al report , è di raddoppiare la dimensione di Shared Lives nel giro di pochi anni, estendendo la pratica anche ai casi di persone anziane sole che preferiscano evitare l’inserimento all’interno di strutture chiuse.

Il servizio, sul territorio del Regno Unito, prevede l’inserimento di persone con problematiche diverse, compresa la macro-categoria dei disturbi dell’apprendimento (entro questa categoria il maggior numero di casi inseriti), la demenza e ovviamente la malattia mentale. Il progetto, alla cui guida c’è Alex Fox qui il suo blog, nel caso -probabile- di un’espansione avente lo stesso tenore di crescita, permetterà di «salvare» una cifra equivalente a mezzo miliardo di sterline sul territorio del Regno Unito, nel giro di 4 anni.

NUOVE FORME DI INSERIMENTO

Tornando al territorio italiano e al citato progetto IESA, il mantenimento di un ospite all’interno di una famiglia ospitante costa allo Stato fino ad un massimo di 1700€ al mese, con un risparmio di migliaia di euro al mese.

Queste nuove forme di politica sanitaria, quando possibili, rappresentano esperimenti di avanguardia in termini di de-isituzionalizzazione del paziente, non più costretto a forme nascoste di segregazione e lungodegenza, sia nel caso della malattia mentale che nei casi di disabilità psichica o legata all’età. Oltre a essere buona pratica clinica (si offre alla persona una reale possibilità di ricollocamento e un ambiente meno medicalizzato e freddo), presenta indiscussi vantaggi in termini economici, nell’ottica di creare migliori servizi usando le risorse del territorio, con costi minori.

Sposando politiche sanitarie di questo tipo, si raggiunge inoltre un numero 3 volte superiore di utenti, rispetto alle possibilità offerte dalle strutture protette, contemporaneamente garantendo un innalzamento della qualità della vita del singolo (per un approfondimento su quest’ultimo punto, uno studio completo qui).

raffaeleavico.it

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