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L’inattività fisica è un fattore di rischio per numerose patologie e ha risvolti negativi per la salute mentale e sulla qualità della vita. Uno studio pubblicato sulla rivista The Lancet Global Health , condotto su scala mondiale da esperti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che ha coinvolto complessivamente 1,9 milioni di persone distribuite su 168 paesi ha rivelato come un quarto della popolazione mondiale sia a rischio di malattie a causa della scarsa attività fisica.

La scarsa propensione verso l’attività fisica è un problema due volte più imponente nei paesi ricchi anziché in quelli a basso reddito. «Molto probabilmente questa tendenza alla pigrizia che si evince dallo studio in questione è un fenomeno multi causale- riflette Luigi De Gennaro docente di Psicobiologia e Psicologia Fisiologica e direttore del Laboratorio del Sonno dell’Università La Sapienza di Roma che ammonisceanche- Il fatto che nei Paesi ricchi si lasci così poco spazio all’attività fisica è una tendenza socio-culturale che vede sacrificare sonno e attività fisica dovendo rispondere alle aumentate pressioni lavorative e sociali.

D’altra parte, la durata del proprio sonno e il tempo che si dedica all’attività fisica, variano in maniera prevedibile anche in funzione dei diversi paesi e culture. Inutile dire che lo stereotipo dei giapponesi operosi si associa al loro primato relativo alla minore durata del sonno».

Donne più inattive degli uomini

Sempre analizzando i risultati dello studio risulta che le donne sono meno attive degli uomini: non fa sufficiente attività fisica una donna su 3 e un uomo su 4.

La situazione in Italia è decisamente seria: tra i 168 paesi analizzati, l’Italia è al 19mo posto fra i Paesi meno attivi e fra quelli occidentali figura nella top 20 dei paesi con più persone poco attive. In pratica il 41,4% delle persone adulte nel nostro Paese non fa abbastanza attività fisica. «L’immaginario comune identifica la persona scarsamente propensa all’attività fisica come dormigliona e di conseguenza pigra. In realtà proprio le tendenze socio culturali di cui sopra ci stanno rendendo persone che convivono con un sonno perennemente decurtato- interviene ancora il professor De Gennaro che aggiunge- Il Center for Disease Control and Prevention ha eseguito uno studio sulla popolazione USA (National HealthInterview) volto a determinare le ore di sonno medie degli intervistati.

Le risposte fornite da tutti i partecipanti sono state messe in relazione con il livello economico degli stessi, ponendo in relazione il reddito individuale con la soglia della povertà stabilita negli USA. Mentre il livello di urbanizzazione, abitare in aree rurali o metropolitane è risultato irrilevante, è stato possibile riscontrare una diretta relazione, tra un sonno insufficiente e uno status economico svantaggiato.

Il 35% di coloro che hanno ammesso di dormire meno di 6 ore in media, si è rivelato al di sotto della soglia della povertà. Ecco quindi che è sempre opportuno usare molta cautela nel leggere questi risultati di studi epidemiologici, resistendo alla tentazione di fornire interpretazioni causali del tipo un minor reddito induce meno sonno e più attività fisica».

Pigri si nasce o si diventa?

«Molte volte “pigro” è sinonimo di “dormiglione”- risponde il professor De Gennaro- e ci sono persone che hanno bisogno di dormire molto per stare bene, sono i cosiddetti “long sleepers”; al polo opposto ci sono gli shortsleepers, quelli che stanno bene pur dormendo poco. Indagini USA indicano fino a una percentuale di circa il 10% di questi individui, mentre quella dei “long sleepers” tende ad essere più bassa (fino all’8%) e si associa a una scarsa propensione verso l’attività fisica. In realtà, è difficile avere una soddisfacente epidemiologia a riguardo perché le persone hanno più facilità ad ammettere di essere “brevi” piuttosto che “lunghi” dormitori. Non è un caso che nella storia compaia un nutrito elenco di famosi brevi dormitori quali, Napoleone Bonaparte, Thomas Edison, Nicola Tesla, Benjamin Franklin, Leonardo da Vinci,mentre si conosce un solo famoso lungo dormitore, o,almeno,uno solo su tutti che non ha avuto problemi ad ammetterlo, e si tratta di Albert Einstein. In linea di massima quindi, dormiglioni e dunque pigri si nasce, ma la società odierna ci spinge a essere tutt’altro che dormiglioni, ma non per questo meno pigri almeno nei confronti dello sport praticato!».

«Dal punto di vista evoluzionistico noi siamo bravissimi ad accumulare riserve di energia e tenderemmo ad essere naturalmente pigri. La nostra condizione nei secoli passati era quella di una “condanna” a muoversi tanto e mangiare poco (almeno nella gran parte della popolazione)- spiega Antonio Ordinario di Scienze dell’Esercizio Fisico e dello Sport presso il Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università degli Studi di Padova - Possiamo affermare che gli esseri umani sono programmati per “risparmiare” energia in previsione di eventuali carestie. Il fatto è che le condizioni socio-ambientali hanno portato ad un aumento della sedentarietà (lavori sedentari, mezzi di trasporto, ascensori, ecc) e questo, aggiunto ad un accesso, spesso illimitato, alle fonti di cibo ha condotto all’attuale pandemia di obesità. Per questo motivo dobbiamo impegnarci a muoverci, in maniera volontaria ed organizzata, per aumentare il dispendio calorico e per attivare il rilascio di una serie di molecole positive per la nostra salute».