La vita dopo un trapianto viene spesso descritta come una rinascita. Ma non mancano le difficoltà da affrontare, a partire dalla terapia cronica antirigetto, che ha inizio durante l’intervento chirurgico e prosegue per tutta la vita, ma anche le visite e gli esami periodici. E, secondo un’indagine su 12 pazienti andati incontro a trapianto di rene da meno di due anni realizzata da Elma Research per conto di Chiesi Italia, anche il senso di solitudine provato da chi rientra a casa dopo le dimissioni.

I primi mesi sono un periodo di transizione e di assestamento, sia fisico che emotivo, cui prestare attenzione a molti aspetti anche pratici. Per questo, ora nasce una app chiamata «ReNew» per aiutare chi è andato incontro a un trapianto di rene a gestire la terapia.

Secondo i dati del Centro Nazionale Trapianti, in Italia, nel 2017, ci sono stati 1934 i trapianti di rene in aumento così come le donazioni (il tempo medio di attesa per l’organo è di 2,1 anni). Su un totale di 2.200.000 persone tra i 35 e gli 80 anni affette da malattia renale cronica, all’incirca 40.000 sono in trattamento emodialitico e circa 20.000 hanno ricevuto un trapianto. Il 92,7% dei trapiantati è stato pienamente inserito nella normale attività sociale (lavora o è nelle condizioni di farlo).

«Per i pazienti con malattia renale cronica grave, il trapianto di rene rappresenta il trattamento d’elezione rispetto alla dialisi, quest’ultima vissuta come un periodo drammatico, fatto di sacrifici, limitazioni e prospettive incerte, con una mortalità a 5 anni superiore al 70%, a fronte di una sopravvivenza del trapianto superiore all’85%» dichiara Loreto Gesualdo, Professore di Nefrologia all’Università di Bari e Past President della Società Italiana di Nefrologia.

«Per questo motivo, al fine di ridurre il numero di pazienti dializzati, sarebbe auspicabile, anche in Italia, promuovere in maggior misura i programmi preemptive (ovvero trapianti pre-dialisi), compreso un maggior ricorso al trapianto preemptive da donatore vivente, come accade ad esempio nei Paesi del Nord Europa – Svezia, Finlandia, Norvegia – dove si registrano percentuali altissime di trapiantati, e dove è contemplato il trapianto da vivente anche senza legami di parentela o affettivi tra donatore e ricevente».

La corretta assunzione della terapia immunosoppressiva è cruciale per il buon esito del trapianto. Man mano che il tempo passa, tuttavia, il paziente si sente meglio e l’aderenza diminuisce.

«Si calcola che il 50% dei soggetti che hanno ricevuto un trapianto di rene non è aderente alla terapia prescritta (con una maggiore rilevanza nelle persone meno scolarizzate) e si espone al rischio di perdita dell’organo trapiantato» spiega il professor Gesualdo.

I pazienti possono trovare nella tecnologia a portata di smartphone una preziosa alleata per migliorare la qualità delle cure ed evitare dimenticanze. La app «ReNew» aiuterà il paziente ricordare dosi e orari di assunzione dei farmaci previsti dal piano terapeutico, valutare l’andamento di pressione arteriosa, il peso, l’attività fisica svolta, essenziali per preservare la salute del rene trapiantato.

«Un ultimo aspetto da sottolineare, al di là di qualsiasi tecnologia, la più innovativa possibile, è il ruolo cruciale dell’alleanza tra medico e paziente – conclude Gesualdo - Il professionista sanitario deve saper porsi in maniera empatica nei confronti del paziente, aiutandolo ad assimilare nella sua nuova routine il ‘peso’ delle terapie e dei controlli, e rendendolo consapevole del dono che ha ricevuto e quindi dell’importanza di seguire correttamente la cura per non renderlo vano».

vai all'articolo originale