Secondo i dati dell’OMS quasi un milione di persone nel mondo, ogni anno, sviluppano epilessia in seguito a l’ictus, traumi cerebrali, infezioni, esposizione ad agenti tossici e ipossia. Purtroppo però per questi individui ancora oggi non è possibile intervenire in alcun modo dal momento che da un lato non esistono terapie in grado di prevenire l’insorgenza, dall’altro non ci sono esami specifici che indichino un imminente sviluppo della malattia.

Uno scenario che forse cambierà radicalmente grazie ad uno studio in parte italiano, opera degli scienziati dell’IRCCS Istituto di Ricerche Farmacologiche «Mario Negri» di Milano, pubblicato dalla rivista Scientific Report. A loro va il merito di aver trovato per la prima volta nell’elettroencefalogramma un marcatore utile per sviluppare terapie volte a prevenire l’epilessia.

CHE COS’È L’EPILESSIA?

Una scarica elettrica incontrollata che si propaga per tutto il cervello. E’ l’epilessia, una malattia neurologica che causa improvvisa perdita della coscienza e violenti movimenti convulsivi dei muscoli. Al mondo si calcola che le persone affette siano oltre 65 milioni. Di forme ne esistono a decine e ognuna ha un’origine e meccanismo d’azione differente. Oltre a quelle di natura genetica, diverse originano da traumi, ictus, infezioni e molto altro ancora.

I TRATTAMENTI E LA DIAGNOSI PRECOCE

I trattamenti ad oggi disponibili principalmente hanno come meccanismo d’azione il blocco della scarica elettrica anomala. Tutte sono sintomatiche, cioè agiscono solo sui sintomi (le convulsioni) allo scopo di prevenirne o, almeno, limitarne la comparsa, cosa purtroppo non sempre possibile da attuare con efficacia. Purtroppo ad oggi la mancata individuazione di un «marcatore di epilettogenesi», ossia un evento misurabile tramite encefalogramma che si verifica esclusivamente durante le fasi di sviluppo della malattia (quando le convulsioni non si sono ancora manifestate a livello clinico), è andata di pari passo con l’assenza di trattamenti terapeutici potenzialmente in grado di prevenire lo sviluppo dell’epilessia.

UNA SPIA NELL’ELETTROENCEFALOGRAMMA

Nello studio italiano, grazie all’analisi matematica nota come «Analisi Quantitativa delle Ricorrenze» e all’utilizzo di potenti strutture di calcolo informatico, gli scienziati sono riusciti per la prima volta ad identificare nell’attività elettrica del cervello (misurata con l’elettroencefalogramma), un marcatore in grado di segnalare lo stato iniziale dell’epilessia.

Il marcatore individuato è rappresentato da un comportamento dell’attività elettrica cerebrale noto come «intermittenza dinamica», ossia un comportamento caratterizzato dall’alternanza tra oscillazioni approssimativamente regolari e oscillazioni molto irregolari. Un comportamento che è molto pronunciato durante le fasi in cui si sviluppa l’epilessia ed è riscontrabile negli elettroencefalogrammi già nelle prime 48 – 72 ore successive all’esposizione ai fattori di rischio.

«Grazie all’identificazione di questo marcatore precoce di epilettogenesi – spiega Massimo Rizzi, uno degli autori dello studio- si potrà dare un impulso considerevole alla ricerca per la messa a punto di interventi terapeutici in grado di prevenire efficacemente l’insorgenza dell’epilessia nei soggetti a rischio».

PRIMI TEST POSITIVI CON UN ANTIEPILETTICO

Ma le novità non finiscono qui perché, cosa ancor più importante, è stato mostrato come la somministrazione di un farmaco sperimentale in grado di prevenire l’insorgenza dell’epilessia negli animali da laboratorio, sia in grado di ridurre notevolmente questo comportamento dell’attività elettrica del cervello, mostrando la prova di principio che questo marcatore potrebbe essere utilizzato come indicatore del potenziale anti-epilettogeno delle terapie in fase di sviluppo, terapie tuttora mancanti.


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