La sindrome dell’ intestino irritabile (IBS, Irritable bowel syndrome in inglese) è un disordine funzionale dell’ apparato gastrointestinale principalmente caratterizzato da crampi, dolori addominali, nausea, stitichezza o al contrario diarrea. Le persone che soffrono di tale disturbo non riescono a mangiare frutta e verdura pena un grave peggioramento del corteo sintomatologico. Questo disturbo può limitare la vita sociale ed essere motivo di profondo malessere tanto che soffrirne, secondo le stime, ha un impatto molto negativo sulla qualità di vita potendo indurre ansia e depressione in pazienti predisposti o peggiorare tali condizioni in chi già ne soffre.Il problema interessa il circa il 7-9 % della popolazione italiana con una prevalenza nel sesso femminile, doppia rispetto a quella maschile.

Cause incerte e terapie personalizzate

«Al momento non ci sono certezze sulle cause scatenanti il disturbo: molto probabilmente il colon delle persone affette è più sensibile e reattivo nei confronti di determinati alimenti e molto probabilmente anche il sistema immunitario gioca un ruolo nello scatenarsi della sindrome- chiarisce il Professor Maurizio Muscaritoli, Presidente della SINUc che aggiunge: - è però scientificamente provato che l’alimentazione giochi un ruolo chiave nella gestione del disturbo. In linea generale gli alimenti in grado di peggiorare i sintomi o al contrario di tenerli sotto controllo non sono uguali per tutti i pazienti e quindi la stesura di un diario alimentare, dove annotare gli alimenti che non procurano peggioramento del proprio quadro sintomatologico o al contrario lo inducono, può essere molto utile». I farmaci a disposizione agiscono per lo più sui sintomi: di caso in caso si può provare a dare sollievo al sintomo più fastidioso con un antidiarroico se il sintomo peggiore è la diarrea, con un antispastico se i sintomi prevalenti sono i dolori addominali, con presidi per controllare il gonfiore se la distensione gastrica diventa insopportabile e così via.

Perché le fibre possono peggiorare la sintomatologia dell’IBS

I cibi ricchi di fibre come frutta, verdura e cibi integrali possono peggiorare il quadro sintomatologico perché nelle persone predisposte innescano un processo di iperfermentazione da parte dei batteri residenti nel colon, diversi ed esclusivi per ogni persona, con produzione di gas responsabili della distensione e del dolore addominale. La presenza delle fibre, inoltre, richiama acqua dalla mucosa al lume intestinale favorendo la diarrea. Escludere completamente le fibre potrebbe essere la soluzione ma non sarebbe la scelta corretta. Quindi come regolarsi ?

Fodmap: una strategia alimentare

Un approccio al problema può essere rappresentato dalla dieta Fodmap. Si tratta di una vera e propria strategia terapeutica alimentare e prevede l’iniziale esclusione di alcuni cibi che più probabilmente provocano una fermentazione. Il nome Fodmap si riferisce all’acronimo inglese che sta per oligosaccaridi fermentabili, disaccaridi, monosaccaridi e polioli: questi composti sono contenuti in alimenti quali grano, cereali, mele, albicocche, ciliegie, fichi, mango, pere, pesche, prugne, anguria, carciofi, broccoli, cavoli, funghi, piselli, cipolle e aglio.

Si tratta di carboidrati alimentari a catena corta che non vengono assorbiti dall’intestino tenue e che quando giungono nel crasso subiscono un processo di fermentazione ad opera dei batteri intestinali i quali li digeriscono producendo alcuni gas come idrogeno e metano ed altri prodotti del metabolismo batterico.

«Se in un soggetto sano si tratta di un processo normale che non provoca alcun fastidio, nei pazienti con sindrome del colon irritabile questi alimenti possono indurre i sintomi a causa dell’ipersensibilità viscerale- spiega il Professor Samir Sukkar Resp.le U.O.D. Dietetica e Nutrizione Clinica del Policlinico San Martino di Genova. - Escludere per sempre questi alimenti dalla propria dieta non risolve il problema, anzi potrebbe aprire la strada a problemi nutrizionali di vario tipo, in quanto molti di essi facilitano la crescita di bifidobatteri come il longum che è particolarmente utile. L’approccio Fodmap ovvero l’esclusione temporale di questi alimenti deve essere limitata a un periodo di 4 settimane utilizzando alimenti che non ne contengono come ad esempio cereali senza glutine, patate , riso , latte di mandorla o di soia anziché latte vaccino , verdura a basso contenuto di fruttani ( melanzane, finocchi), frutta con basso contenuto in fruttani (arancia , ananas, fragole , Kiwi) ha invece un utilità documentata da numerosi trial» conclude il Professor Sukkar.

La strategia prevede una iniziale esclusione a cui segue la reintroduzione progressiva degli alimenti della dieta del soggetto allo scopo di individuare quelli capaci di scatenare i sintomi. Continuare la strategia oltre 6 settimane aprirebbe la strada ad alterazioni del microbiota e dell’equilibrio nutrizionale con rischi di malnutrizione. La Fodmap va impostata e seguita sotto stretto controllo medico ed è necessaria una buona collaborazione da parte del paziente che deve essere ligio nel seguire le prescrizioni: un sacrificio che permette di migliorare nettamente i sintomi e diminuire l’ uso di farmaci.