Bere alcolici in gravidanza fa male: senza se e senza ma. È chiaro il messaggio che arriva dalla Confederazione Italiana Pediatri, promotrice della campagna «Mamma! Mi fa male…punto e basta!» che punta alla sensibilizzazione sui danni dell’alcol assunto dalla donne durante la dolce attesa. L’obbiettivo è far crescere la sensibilizzazione relativamente alla sindrome feto-alcolica, malattia prevenibile (non bevendo nei nove mesi) eppure ancora molto diffusa. Ogni anno, a livello globale, sarebbero quasi 120mila i bambini che nascono con questa condizione, che racchiude uno spettro di disabilità (neurologiche e fisiche) derivate dal consumo di vino e altre bevande alcoliche bevute dalla futura mamma durante la gravidanza .

Mai dire sì all’alcol in gravidanza

La campagna, patrocinata dalla Società Italiana di Pediatria e dal Ministero della Salute (oltre che da diverse altre società scientifiche), punta a far crescere la consapevolezza su un problema spesso sconosciuta alle coppie al momento dell’inizio di una gravidanza. La sindrome feto-alcolica è caratterizzata da problemi mentali, di comportamento e apprendimento, oltre che da disabilità fisiche. Non è ancora conosciuto cosa renda un feto più sensibile di un altro ai danni prodotti dall'alcol. L’effetto potrebbe essere il frutto dell’interazione tra fattori genetici, stress, fumo e alimentazione. In ogni caso, si sa che l’alcol può danneggiare qualsiasi organo del feto durante il suo sviluppo, e in particolare il cervello. «L'etanolo è una molecola tossica che ha un’alta affinità con i lipidi - ripete sempre Emanuele Scafato, direttore dell'Osservatorio nazionale alcol dell'Istituto superiore di sanità -. Nel feto è attratto dalla membrana delle cellule nervose, a cui si lega fino a determinare progressivamente la loro morte. L'alcol attraversa la placenta a una concentrazione equivalente a quella ingerita dalla madre, che dovrebbe farne a meno già nei mesi che precedono la gravidanza, quando questa è programmata».

Alcol: cautela anche per i futuri papà

Ad alto rischio è considerato il primo trimestre, in cui la donna può non sapere di essere incinta. I postumi dell'alcolemia dipendono dalla dose, dalla frequenza e dal periodo di consumo. Oltre alla sindrome feto-alcolica, che è la manifestazione più grave del danno causato dall’alcol al feto, si possono verificare una varietà di anomalie strutturali (anomalie cranio-facciali, rallentamento della crescita) e disturbi dello sviluppo neurologico di varia gravità che comportano disabilità comportamentali e neuro-cognitive. Quanto al consumo di alcolici, comunque, le responsabilità non ricadono soltanto sulle future mamme. Anche gli aspiranti papà, infatti, «dovrebbero evitarne il consumo nel momento in cui provano ad avere un figlio», è il messaggio che emerge da una revisione di studi pubblicata sull’«European Journal of Preventive Cardiology». Secondo gli autori, l’indicazione andrebbe seguita a partire dai sei mesi che precedono il concepimento, per ridurre il rischio di cardiopatie congenite nel nascituro.

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