C’è una sigla, HIV (Human Immunodeficiency Virus), che da tempo non fa più notizia. A differenza dei primi anni ottanta, dove la diagnosi di sieropositività equivaleva ad una condanna e chi ne era affetto veniva rappresentato nell’ormai famoso spot «se lo conosci lo eviti» con un contorno viola, oggi grazie alle terapie antiretrovirali il virus può essere affrontato con successo. Se diminuiscono le nuove diagnosi e i trattamenti sono sempre più efficaci, aumenta però la quota di giovani sieropositivi così come la quota delle diagnosi tardive. Parlare dunque di sieropositività, come la campagna di comunicazione «HIV ai tempi del silenzio» appena inaugurata, è più che mai necessario.

Che cos’è l’HIV? Cosa c’entra con l’AIDS?

L’AIDS è una patologia causata dalla presenza del virus dell’HIV. Quest’ultimo, infettando in maniera specifica le cellule del sistema immunitario, rende le persone affette più vulnerabili a molte malattie che generalmente, nelle persone sane, non creano particolari problemi. Proprio perché in grado di colpire il sistema immunitario, gli individui sieropositivi nel tempo vanno incontro ad una progressiva perdita di funzione delle nostre cellule di difesa. Quando il virus si moltiplica sino al punto da compromettere pesantemente il sistema immunitario, è in quel momento che la persona passa dall’essere sieropositiva a sviluppare l’AIDS.

I numeri in Italia

Secondo l’Istituto Superiore di Sanità nel solo 2018 si sono registrati 2.847 nuovi casi di sieropositività. Anche se le nuove infezioni sono diminuite del 20% nel 2018 rispetto al 2017, l’incidenza più alta di quelle nuove si registra tra i 25 e i 29 anni. Non solo, a preoccupare è anche il «sommerso», ovvero le persone che non sanno di essere positive al virus, e la diagnosi tardiva: il 57% delle nuove diagnosi del 2018 rientra in quest’ultima categoria, persone che scoprono di essere sieropositive molti anni dopo il contagio. Dati che sono l’effetto di una scarsa consapevolezza sulla diffusione virus e sulle sue forme di prevenzione del contagio.

HIV ai tempi del silenzio

«Chi, come me, ha vissuto da medico, ma anche da volontario attivo nelle associazioni, tutta la storia dell’AIDS, sa bene che molti fatti e concetti riguardanti HIV non sono affatto scontati nella testa delle persone -spiega Massimo Galli, professore di Malattie Infettive all’Università di Milano e Past President della SIMIT- Quando un tema perde attenzione, tende ad essere relegato nell’ambito dei rumori di fondo, delle cose che interessano sempre meno e si conoscono sempre peggio. Non stupisce che un argomento reso crepuscolare come HIV/AIDS sia sparito dall’orizzonte di molti. Le persone più giovani che appartengono alle cosiddette popolazioni chiave, quelle dove la possibilità di infettarsi è più elevata, non hanno visto direttamente la morte e la sofferenza che la malattia è in grado di causare».

E’ partendo dalla scarsa conoscenza che si è sviluppata la campagna “HIV ai tempi del silenzio”, un progetto di comunicazione in cui a raccontare ricordi, esperienze ed emozioni sono direttamente le persone che hanno convissuto con la sieropositività in questi ultimi 30 anni. La campagna -un Podcast in 3 puntate guidate dalla voce di Pino Insegno- voluto dalle Associazioni NADIR, NPS e PLUS e da MSD Italia, con la supervisione scientifica della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali SIMIT, è consultabile al sito www.hivaitempidelsilenzio.it.

Le terapie hanno rivoluzionato la vita delle persone sieropositive

Trent’anni di storie, quelle raccontate nei podcast, che oggi non sarebbero possibili se la ricerca si fosse fermata. A rivoluzionare la vita delle persone sieropositive sono stati gli antiretrovirali, farmaci in grado di bloccare la replicazione del virus e tenere dunque a bada HIV. I dati sulla sopravvivenza non lasciano spazio ad interpretazioni: oggi, se trattata in tempo, l’aspettativa di vita media è paragonabile a quella di chi non è mai venuto in contatto con il virus. Uno scenario nemmeno lontanamente immaginabile solo 30 anni fa.